Mondiali di calcio FIFA 2026
Chiacchiere Mondiali con Daniele Dei
Daniele Dei, coordinatore della Brigata Mai 1 Gioia, ci racconta le idee dell’organizzazione e il clima che si respira in questo momento cardine della storia della nazionale sammarinese
San Marino, per molti la peggior nazionale del mondo, potrebbe qualificarsi ai playoff del prossimo Mondiale. E, sorprendentemente, per ottenere questo straordinario obiettivo, dovrà perdere contro la Romania e sperare di avere risultati favorevoli dagli altri campi. Per farci raccontare da una voce autorevole il clima e l’evoluzione del tifo che segue la squadra, abbiamo voluto con noi Daniele Dei. E, se possiamo permetterci un giudizio personale, col senno di poi abbiamo imparato tanto, molto di più rispetto a della semplice nozionistica. Il nostro ospite, toscano di nascita, emiliano di residenza e sammarinese nel cuore, ci ha ricordato l’importanza di un tifo pulito e di quelle emozioni semplici che, nel mondo dello sport, spariscono sempre più in fretta.
Daniele, partirei chiedendoti qualcosa sul tuo ruolo nella Brigata: il tuo impegno è continuativo o sporadico?
«Col passare degli anni, da impegno sporadico è diventato continuativo. Ovviamente è stato un passo di maturità dovuto alla crescita della Brigata, ci sono tante cose che si possono fare meglio nei periodi meno concentrati. Anche perché, nel periodo delle gare, mi arrivano parecchi messaggi e mi scoppia il telefono!»
Come si entra a far parte dell’organizzazione?
«Di solito, ci scrivono sui social o scrivono alla Federcalcio che ci passa i contatti. La nostra regola non scritta è che se vieni a vedere una partita con noi entri nella chat: non conta quanto sei allo stadio ma il rispetto delle nostre “regole” non scritte. Non vogliamo razzismo, violenza o discriminazioni e promuoviamo la fratellanza tra i popoli».
Con che scopo si entra e con quali obiettivi continui a coordinare la Brigata?
«Sono entrato per goliardia, avevo la fortuna di conoscere un ragazzo che abita nelle mie zone che aveva tirato su la Brigata. Ho fatto amicizia, mi sono trovato bene con tutti ed ho continuato ad andarci: sono persone con cui condivido valori e idee e mi sono subito trovato bene. La svolta è arrivata col Covid: usando le dirette social ci siamo allargati e ora facciamo diversi eventi e progetti ogni anno. Prima, ad esempio, andavamo solo a vedere la partita, mentre ora cerchiamo contatti coi tifosi, ci organizziamo per socializzare anche in maniera estemporanea assieme agli avversari».
Questo è un messaggio importante di fratellanza che troppo spesso ci dimentichiamo: basti pensare alla tragedia che ha colpito il Pistoia Basket…
«Una cosa del genere, che è allucinante, con noi non accadrebbe mai. Vorremmo che la gente andasse a tifare normalmente: io sono un padre e mi chiedo perché devo lasciare ai miei figli un mondo in cui la gente si mena alle partite. Noi vogliamo vedere un pò di calcio e basta: l’internazionalità di San Marino è rara, e vogliamo goderci l’esperienza, come fosse un Erasmus del calcio. Ovunque andiamo ci troviamo benissimo e festeggiamo coi tifosi avversari: se l’approccio è diverso, anche le tifoserie avversarie cambiano e si creano bei momenti».
I sammarinesi che approccio hanno verso la loro Nazionale?
«Il calcio è lo sport più seguito anche a San Marino, ma noi abbiamo una chiave di lettura, i cittadini ne hanno un’altra. C’era stato, nel 2006, un dibattito dopo la gara contro la Germania, persa 0-13. I tedeschi erano arrivati per fare più gol possibili, perché erano arrabbiati per il mondiale perso, e a un certo punto hanno mandato il portiere a calciare un rigore. I sammarinesi si chiesero se aveva ancora senso avere una Nazionale che subisce parecchie umiliazioni: noi stiamo cercando di spiegare a loro il nostro progetto sociale, sperando che altri si aggiungano, e non ci arrenderemo».
C’è la possibilità che San Marino giochi i playoff perdendo, mentre vincendo verrebbe eliminato. Come valuti la situazione?
«Il criterio è questo, ma per me la situazione è stressante. Andando ai playoff, San Marino può prendere goleade: anche se sarebbe il punto più alto della storia della nazionale, preferirei fare delle amichevoli con squadre della nostra fascia per misurare il nostro livello. Questi ragazzi avrebbero una pressione addosso enorme, di certo la trasferta di Bucarest sarà psicologicamente complicata».
Un aneddoto sulla Brigata…
«Quando venne St.Kitts e Nevis a giocare a San Marino, senza tifosi, ci siamo fatti delle domande. Tramite la federcalcio ci siamo messi in contatto con il delegato della FIFA, dicendogli che volevamo dare il benvenuto ai giocatori. La domenica siamo andati in albergo e gli abbiamo dato la maglia delle brigata, poi abbiamo comprato una bandiera di St. Kitts e li incitavamo perché non avevano nessuno. A fine partita sono venuti da noi a ringraziarci sotto la curva».
Continua a leggere le notizie di 1000 Cuori Rossoblu e segui la nostra pagina Facebook
