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Perché in Italia l’arbitro è sempre il perfetto capro espiatorio?

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Spesso e volentieri, molte domande non hanno una risposta ben precisa. La cultura calciofila italiana è una tra le più importanti al Mondo: per la storia, per la tradizione e per i valori che nel tempo sono stati rappresentati nel bel Paese. A differenza delle Nazioni che rappresentano gli altri maggior campionati europei, però, in Italia c’è una differenza abissale tra la percezione che si ha della squadra arbitrale. E’ evidente a tutti. Negli altri tornei, l’arbitro è visto come dovrebbe esserlo dappertutto: una figura neutra in grado di gestire, al meglio delle sue possibilità, una gara di calcio. Non importa se poi si vince o si perde. In Italia funziona tutto al contrario, come in altre circostanze: l’arbitro diventa il perfetto capro espiatorio della squadra sconfitta. Funziona così da tanto, forse troppo tempo. 

L’ultima perla arriva dal Milan, che ha contestato la scelta di affidare la direzione della gara contro il Bologna al signor Livio Marinelli. Il motivo? Il basso numero di partite dirette in Serie A fino ad ora, dieci per la precisione. Quella di lunedì sarà la prima volta che Marinelli dirigerà il Milan, mentre aveva già incrociato Napoli, Inter e Juventus. Ora, il malumore proveniente da Milanello non è recente, dato che la dirigenza rossonera – qualche tempo fa – si era lamentata per le prestazioni arbitrali di Marchetti e Serra, rispettivamente contro Udinese e Spezia. Sia chiaro, gli errori dei due direttori di gara – in quelle occasioni – erano più che evidenti. Il problema è un altro: così come Marchetti e Serra hanno sfavorito il Milan (preso come esempio), in un’altra situazione ecco che la ruota potrebbe girare al contrario. Il problema di fondo è questo: in Italia, nessuna squadra ha fiducia negli arbitri. Spesso si colpevolizzano i direttori di gara ancor prima della disputa della partita. Il Milan si è lamentato per la designazione di Marinelli, che ha la colpa di essere un quasi esordiente. Ma è una colpa relativa, perché il fischietto di Tivoli è ben visto dagli addetti ai lavori, nonostante i pochi gettoni nel massimo campionato italiano. Bene. Anzi no. Perché Marinelli ha già arbitrato tre delle prime quattro della classe, e un esordiente non è detto che sbagli soltanto perché di fronte si trova la prima della classe. Perché, fino ad ora le squadre di A sono state sfavorite soltanto da arbitri alle prime armi? Non è proprio così. Perché di errori gravi ce ne sono stati e si ricordano tutt’oggi. 

Ed è qui che dovrebbe partire una riflessione ben precisa: non bisogna colpevolizzare un arbitro soltanto leggendo il proprio curriculum perché anche loro, come calciatori e allenatori, hanno bisogno di fare esperienza. E il Milan non è il primo banco di prova per un arbitro che ha all’attivo poche partite in A. Fa parte della normale gestione della CAN AIA, e queste inutili polemiche dimostrano – ancora una volta – la differenza abissale tra l’Italia e il resto d’Europa. In Italia si spettacolarizza troppo, non si perde occasione per colpevolizzare l’arbitro. Si perdono punti, è colpa dell’arbitro. Può essere, come non può essere. In Europa il discorso è diverso: nella maggior parte dei casi, non viene mai contestata una decisione arbitrale, a meno che non sia netta e agli occhi di tutti. Gli arbitri sbagliano, è chiaro, e infatti vengono puniti, come accaduto alla terna arbitrale di Torino-Inter per il rigore netto non fischiato ai danni di Belotti. Vengono fermati per delle giornate e, di conseguenze, è come se avessero un’ammenda, perché vengono retribuiti in base alle gare che dirigono. In Italia ci si lamenta degli arbitri, ma molti di loro sono internazionali, e se sono lì un motivo ci sarà. Non sono angeli, non sono diavoli: sono umani e sbagliano, come tutti. Importante fu una dichiarazione di Gianluca Rocchi che, nel giorno della sua ultima partita, disse: “Siamo persone anche noi. Facciamo del nostro meglio, cercate di aiutarci”. Ecco, si dovrebbe partire da qui per cercare di cambiare la percezione che in Italia si ha degli arbitri. Sbagliano, a volte in maniera evidente, ma la colpa di una sconfitta soltanto nei minori dei casi potrebbe essere attribuita esclusivamente al direttore di gara. Il discorso è che ormai (quasi) nessun arbitro va bene. Il signor Marinelli potrebbe essere più esperto di un arbitro che ha all’attivo un centinaio di partite in A. Esordiente non equivale a inadeguato. Ricordiamolo. 

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