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Calcio

The Day After “Mondiale”: Apologia di Cesare Prandelli – 25 Giu

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Veni,vidi, vici.

O forse no: trattatasi solo di uno scomodo caso di omonimia.

Meglio non confondersi: perché il Brasile non è la Gallia. E il Cesare del ventunesimo secolo, a differenza del suo predecessore, si è dimostrato condottiero solo a metà: gran bell’europeo nel 2012, ma male quest’anno, a quella che avrebbe dovuto essere la definitiva e consacrante prova del nove.

Il mondiale dei mondiali: già finito, ahinoi.

Un tratto in comune col “dictator” Giulio, a dire il vero, Cesarone nostro lo può vantare: la prospettiva di un ritorno in patria a dir poco burrascoso. Campagne dai diversi esiti, ma dallo stesso accomunante destino: quello di problemi e guai una volta tornati sul terreno natio. E se nel caso del Cesare latino vi era un senato e poco più ad aspettarlo ( questione di invidia), qua, in attesa del c.t., vi saranno al varco 60 milioni di giudici, numero più, numero meno: tutti in attesa delle possibili spiegazioni di un disastro inaspettato. Anche se le parole, in casi come questo, valgono fino a un certo punto. E la debacle brasiliana parla, in tal senso, metaforicamente da sola.

Occhio però: perché qua si rischia, come al solito, di cadere nel classico vizio italico del criticare sempre e comunque, a giochi fatti. Tutti sul carro degli indignati: troppo facile però, oggi, sparare sentenze. Un po’ di coerenza, almeno per una volta: e giudicare con un minimo di lucidità. O almeno provarci.

Contestare riguardo alle convocazioni fatte pare fuori luogo: la scelta di Balotelli, unico vero talento insieme a Verratti, è stata pressoché obbligata. A casa, sia ben chiaro, non è rimasto alcun fenomeno: a meno che ovviamente non si considerino Destro e Florenzi nuovi crack del calcio mondiale.  O Toni una giovane promessa del calcio nostrano. E non è certo colpa del c.t. se Pepito Rossi, uomo di punta del progetto prandelliano, si è infortunato gravemente pochi mesi prima del Mondiale.

La verità è che si è fatto con quel poco che c’era: un materiale tecnico a disposizione palesamente scarso, senza alcun dubbio, di cui un campionato sempre più ridicolo ( la serie A) resta il principale colpevole. Ma in tanti fan finta di non vedere la verità, addossando al c.t. colpe non sue.

D’altronde nel Belpaese va così: un giorno sei un eroe, l’indomani un’incapace. E la gente italica sembra essersi già scordata dell’Europeo di due anni fa: quando Balotelli con una storica doppietta annichiliva in semifinale una ben più quotata Germania e il Cesare da Orzinuovi conduceva verso Kiev una nazionale reduce dal disastro-Lippi. Un minimo di riconoscenza sarebbe in effetti gradita. E quantomeno logica.

Perché una cosa è certa: il c.t., questo c.t., merita rispetto. E a dimostrazione di che persona vera e onesta sia, vi son state le dimissioni istantanee a fine gara, a conferma ancora una volta di quanto il Prandelli sia persona dai veri valori: uno dei pochi, in Italia, a farsi carico dei propri errori e delle proprie responsabilità , seppur non fossero di gigantesche dimensioni, come invece per altri lo sono state nel recente passato.  

Perché nonostante le attenuanti, che effettivamente esistono ( arbitraggio discutibile, infortuni, girone di ferro), c’è comunque un dato indiscutibile da registrare: un’eliminazione fin troppo veloce. Ai gironi: e in Italia su questo non si transige. Che il tuo nome sia Lippi, Trapattoni o Cesare Prandelli.

Quel che rimane, alla fine di questi quattro anni, è un senso di amarezza: per un progetto in fondo incompiuto, quello prandelliano. Da solo contro tutti, contro un Paese sempre pronto a criticare, restio a dare il suo sostegno, senza dignità ( perché arrivare a fischiare il proprio inno è sintomo di estrema inciviltà) e sempre pronto a puntare il dito contro tutti.

Specialmente contro chi tenta di cambiare le cose: e Cesare c’ha provato, nel suo piccolo. E lo sfogo nel fine gara è stata la definitiva bandiera bianca: forse questo Paese non cambierà davvero mai. E quando ci accorgeremo chi avremo perso come commissario tecnico, ci mangeremo la mani.

Grazie comunque Cesare.

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