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Tutto calcio che Cola #10: Ricorda, Pippo: non è un paese per giovani – 29 Mag

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Nell’isterico calcio italiano degli ultimi anni, è facile passare rapidamente dall’essere personaggi da copertina a eroi dimenticati: ne sa qualcosa Andrea Stramaccioni, salutato nell’estate del 2012 come “l’uomo nuovo” dell’Inter post-triplete, quello della rinascita, il mago delle giovanili chiamato alla guida tecnica di una delle squadre più importanti d’Italia per rifondarla.
Sappiamo tutti come è andata: dopo aver sconfitto addirittura la Juventus in trasferta, l’Inter a dicembre era a ridosso, in classifica, dei campioni d’Italia uscenti, prima che infortuni ed errori d’inesperienza (che andavano comunque messi in conto) portassero una squadra stanca e sfibrata a scivolare sempre più giù in classifica, fino a finire fuori dall’Europa.
Sappiamo tutti com’è finita: Stramaccioni esonerato, Inter a Mazzarri, che ha potuto disporre di un mercato senza dubbio più ricco – pur se a conti fatti non tanto più fortunato nelle scelte. Il “giovane mago” finito nel limbo dei disoccupati in attesa di chiamata, il tecnico livornese che pur non dando un gioco convincente ai nerazzurri ha fatto leggermente meglio del suo predecessore, ritrovando l’Europa pur se (va detto) in un torneo ancora più povero di contenuti di quello che aveva bocciato Stramaccioni.
Ma all’Inter va bene così: sono partiti gli ultimi senatori, alleggerendo il monte-ingaggi in modo significativo. A gennaio è arrivato Hernanes, il regista che mancava, e qualche altro colpo potrebbe giungere nella prossima estate. Mazzarri avrà giustamente un altra opportunità, quella che Stramaccioni però non ha avuto e che continua a non trovare in giro. Si diceva dell’Udinese, che però ha preferito Delneri, si dice del nuovo Cagliari degli americani, che però probabilmente virerà su Pioli o Maran. Dimenticato il giovane che aveva conquistato le prime pagine di tutti i quotidiani, senz’altro troppo pompato da un informazione che ha sempre bisogno di nuovi personaggi ed ora scaricato senza remore.

Non è una storia nuova. Prendete Clarence Seedorf, per esempio: chiamato anch’egli al capezzale di una squadra moribonda, il Milan di Allegri che non doveva essere di Allegri già dall’estate. Una polveriera, una squadra mediocre e poco coesa, un gruppo che aveva chiaramente remato contro un tecnico che nei tre anni precedenti aveva vinto il titolo una volta e conquistato la qualificazione in Champions nelle altre due. Improvvisamente diventato brocco, secondo Berlusconi: così via, ecco Seedorf “il professore”, l’uomo del nuovo corso, il pupillo del Presidente che già lo avrebbe voluto in estate. L’olandese ha appena smesso i panni di calciatore, arriva e si trova una squadra dove in difesa scegli tra il rissoso Rami, il distratto Zapata, il calante Mexes e l’oramai bollito Bonera, a centrocampo hai una pletora di incontristi e mezzepunte e in attacco devi affidarti alle lune di Balotelli, non propriamente “Mister Costanza”.
Bene, nel girone di ritorno il Milan è più o meno una delle migliori della A per quel che riguarda i punti conquistati: certo le prestazioni non sempre sono convincenti, però bisognava metterlo in conto con un tecnico alla prima esperienza che arriva a torneo in corso. Il Milan di Seedorf rincorre un Europa che prima del suo arrivo era una chimera, la sfiora, la perde all’ultima giornata. L’olandese lancia Taarabt, disciplina Balotelli.
Ed ecco il benservito. Probabilmente Berlusconi, che notoriamente non ama perdere nemmeno quando non ha possibilità di vincere, voleva un mago, un uomo dei miracoli. Finisce come per Stramaccioni all’Inter: Seedorf viene allontanato, la squadra passa al “mago delle giovanili” rossonere – appena due stagioni fa giocatore – Filippo Inzaghi.


Non è che Stramaccioni e Seedorf siano stati immuni da errori, tutt’altro: hanno soprattutto sbagliato nel volersi troppo imporre in equilibri di spogliatoio che solo allenatori molto più carismatici di loro avrebbero potuto rompere. Ma per quanto si ami parlare dell’impossibile, Mourinho non tornerà a breve all’Inter, e Ancelotti al Milan doveva essere una battuta.
Un calcio italiano che vede la Juventus faticare a tenersi stretto Antonio Conte non può certo permettersi certi tecnici, per cui è senz’altro lecito ricorrere a personaggi nuovi e freschi. A patto però di supportarli.
Quello che mancò a Stramaccioni all’Inter fu una società alle spalle, capace di riconoscerne pregi e difetti e di dargli tempo e fiducia: una dirigenza capace in sede di mercato sia di acquistare che di vendere, liberandosi di chi evidentemente non era adatto ad una rifondazione. All’Inter mancò pazienza, quella che invece c’è adesso con Mazzarri che pur avendo fatto meglio di chi lo precedeva guadagna di più, ha preteso sforzi di mercato e non ha disputato le coppe. Con Stramaccioni l’Inter faticava a trovare un identità tattica, ma non è che adesso sia il Milan di Sacchi o l’Olanda di Cruijff.
Tutt’altro.


E a proposito di Milan, anche con Seedorf è mancata una società alle spalle, una dirigenza che invece continua ad andare a simpatie e che opera un mercato dove si prende quel che si può al minimo che si può senza considerare un settore giovanile un tempo fiore all’occhiello dei rossoneri.
Si dirà di De Sciglio, ma sappiamo tutti come il ragazzo è venuto fuori: grazie ad infortuni a catena di chi gli stava davanti nelle gerarchie, cosa non capitata ai tempi (per esempio) di un Darmian che adesso si accinge a disputare il Mondiale in maglia azzurra.
Seedorf ha fatto quel che ha potuto, ed è davvero difficile dire il contrario: ha commesso i suoi errori, ovviamente, ma del resto quando prendi un tecnico giovane lo devi mettere in conto. Oppure puoi benissimo non farlo, far traghettare la squadra a Tassotti e poi in estate pensare con calma a chi davvero vuoi affidare un team che necessita di essere rifondato e di tempo.


E invece Inzaghi. Al quale probabilmente, conoscendo Berlusconi, si chiederà l’immediato ritorno in Champions League.
Beh, auguri.

Ovvio che Super-Pippo accetti, ovvio che il suo seppur breve curriculum da tecnico lo descriva come allenatore competente e capace. Ma può fare miracoli? Io non credo.
Anche Arrigo Sacchi era un giovane inesperto quando sedette sulla panchina del Milan che si apprestava a diventare la più forte squadra del mondo. Ci mise le sue idee, chiaro ed innegabile. Ma trovò alle sue spalle una società forte e decisa, sempre dalla sua parte e che credeva in lui. Che acquistò alcuni dei migliori calciatori dell’epoca, che lo difese a spada tratta quando nei primi tempi quella difesa a centrocampo regalava gol e non fuorigiochi perfetti. Perché in un tecnico devi crederci, sempre, ma a maggior ragione se è giovane, nuovo nell’ambiente e in uno spogliatoio che deve credere nelle sue idee per seguirle. E questo, dare credibilità al proprio allenatore, è da sempre prerogativa della società e di nessun altro.
Inzaghi siederà su una delle panchine più importanti d’Italia e del mondo. Lo farà senz’altro con convinzione ed entusiasmo, cercando di portare le sue idee, la sua visione di calcio. Tutto legittimo.
Gli venga dato tempo, gli venga concessa fiducia. Non si guardi ai suoi errori, soprattutto se microscopici rispetto ad una società che anche questa estate, soprattutto questa estate, cercherà sul mercato di fare le nozze coi fichi secchi. Inutile parlare di moduli, di 4-3-3 che può diventare il 4-3-1-2 che piace a Berlusconi, dell’amicizia con Galliani, della coesistenza di Balotelli e Pazzini. Balotelli non rimarrà, probabilmente: spiegatemi altrimenti dove troverà i soldi per il mercato una società che la scorsa stagione si è ridotta a prendere 4 giocatori a zero e che fatica a riscattare il più convincente di questi, il misconosciuto Taarabt, da una squadra di Serie B inglese.
Anche Inzaghi dovrà imporsi. Nel giusto modo, evitando di essere troppo aziendalista come fu Stramaccioni e troppo rivoluzionario com’è stato Seedorf. Una giusta via di mezzo, realista ma deciso: senza squadra nessun tecnico fa miracoli, e la squadra al momento non c’è, la Juventus è lontana una galassia ma anche Roma, Napoli e Fiorentina sono decisamente superiori. Speriamo che soprattutto Berlusconi e Galliani siano realisti, rendendosi conto di quel che davvero metteranno a disposizione di un tecnico sicuramente capace (la vittoria del “Viareggio” lo dimostra) ma giovane e inesperto.  


In questo paese, uno dei più gravi problemi è la disoccupazione: si vogliono lavoratori giovani ma esperti, che costino poco ma rendano molto. Rendiamoci conto che è impossibile. Se ne renda conto la stampa, che già intervista il nuovo personaggio parlando di moduli e idee per riempire le pagine; se ne renda conto la dirigenza rossonera, decisamente non più all’altezza di un club glorioso come fu, appena pochi anni fa, il Milan; se ne renda conto soprattutto “Super Pippo” Filippo Inzaghi, per evitare di finire anche lui bruciato in questo calderone che tutto consuma in nome della novità, della sensazione, senza guardare alla sostanza.
I tifosi del Milan, a giudicare dalla perplessa reazione all’esonero di Seedorf, pare siano gli unici ad averlo fatto. E poi si dice che il male del calcio sono le curve. 

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