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Cinema nel Pallone: “Goal 2 – Vivere un sogno”

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Purtroppo, come le partite durano 90 minuti, anche le trilogie durano tre film… ora si che cominciamo a divertirci: in piu’ vi chiedo (se la recensione vi sarà piaciuta) di condividerla quanto piu’ possibile sui vari mezzi social che utilizzate. Non lo chiedo per l’effimera gloria di qualche visualizzazione in piu’, credetemi: lo chiedo perché quel che ho visto poi è stato qualcosa così talmente privo di logica che il sentimento è stato paragonabile a quello di un attivista di WikiLeaks quando scopre qualche porcata governativa: “tutto il mondo deve sapere!”

Veramente, erano le 06:15 quando ho incominciato a scrivere, e sono andato a letto alle 03:00. Ho dormito male. Fatelo per questo…


GOAL 2 – VIVERE UN SOGNO (2007)

Probabilmente la gente ha calcio tutti i giorni e da tutti i media, ed è per questo che non gliene può fregare di meno di un film sul calcio: non sono informato sui risultati al botteghino del primo film (che abbiamo visto essere comunque discreto, nonostante tutto) ma evidentemente non sono stati così rosei. Forse si spiega così il passaggio alla regia dal “senza guizzi ma decente” Cannon al semi-esordiente (che poi tale è rimasto) Jaume Collet-Serra.
Anche se, intendiamoci, il male prende questo film piano piano, non riesci quasi ad accorgertene fino al finale, che ti sorprende come un pugno in faccia da uno che credevi oramai un buon amico.
Ed il male non è la regia, ma risiede in una cosa persino piu’ importante.
Una sceneggiatura che potrebbe essere stata scritta da Paul Gascoigne dopo una visita a tutti i pub di Londra. In tre, ci si son messi, per realizzare questa trama. Tenetevi forte.

Il film si apre con Santi a cena in un ristorante con i suoi amici di sempre nella Newcastle dove è diventato un eroe e che come tale lo tratta MA CON RISPETTO fin quando non arriva il procuratore Glen.
Nei titoli di testa, sulle note di “Ave Maria” di Schubert, abbiamo visto il Barcelona infliggere una sonorissima scoppola al Real Madrid, dove nel frattempo si è trasferito Gavin Harris, che pur essendo un attaccante viene indicato da tutti i cronisti come principale responsabile delle reti subite (?) – ed ecco quindi cosa ha da dire Glen a Santiago: visto che il Real ha una difesa così fragile e in attacco può contare solo su Raùl (!), Zidane (!!), Ronaldo (!!!) e Harris (vabbeh) ecco l’ideona della dirigenza dei “Galacticos”! Comprare un altra punta!!! E siccome nel Newcastle hanno pescato bene (in Spagna in molti esigono già la testa di Harris) pensano proprio di ripetere il colpo: ed ecco così che, nell’ultimo giorno di mercato, si concretizza lo scambio tra Michael Owen, che torna appunto in Inghilterra, e Santiago Munez, che si aggrega così al Real Madrid, il club piu’ prestigioso del mondo.

Ovviamente, visto che si sta parlando di un giovane talento che segna di rovesciata con la stessa frequenza con cui Inzaghi segnava dall’area piccola, il lungimirante Real Madrid fa sottoscrivere al giovane messicano un bel contratto biennale, che tanto chi se ne frega di lavorare in prospettiva, noi siamo il Real e se lo perdiamo a parametro zero, un investimento del genere, sai quanto ci tange.
Va beh.
Questo film (come il sottotitolo “Vivere un sogno” indica) parla dell’affermazione del giovane Munez, che si ritrova improvvisamente ad essere una star planetaria e a giocare attorniato dai campioni piu’ forti del mondo: una tale pressione potrebbe schiacciare chiunque, ed infatti è questo che accade, trasformando il “vivere un sogno” in un incubo. A Madrid Santiago ritrova la madre, persa nella fuga in America per via di noiose storie familiari che non sto a raccontarvi, ma prima di questo si perde dietro i soldi, le belle donne ed un affermazione che stenta ad arrivare: l’allenatore olandese (inventatissimo) si ostina infatti a schierare Harris, nonostante Munez segni eurogoal ogni volta che gioca – e sono sempre cinque minuti.
Santi finisce per litigare con la fidanzata (reduce dal primo film) e poi per tradirla con la classica giornalista maialona così stereotipata da risultare perfino poco attraente: gli rimane solo l’amicizia con Gavin Harris, grazie a questa va avanti e mette la testa a posto ed è così che nella finale di Champions League contro l’Arsenal chiede ed ottiene dall’allenatore di stare ancora in panchina in favore dell’amico, che insegue ancora rinnovo del contratto e convocazione nella nazionale dell’Inghilterra per gli imminenti Mondiali del 2006.
Poco prima della finale chiama ancora l’ormai ex-fidanzata, un discorso strappalacrime di almeno cinque minuti che vede Roz commuoversi fino alle lacrime, lasciando presagire una riconciliazione tra i due. La partita comincia, l’Arsenal domina e va avanti di due reti, una causata dopo appena 2 minuti di gioco da un enorme ingenuità di Harris. Tuttavia l’allenatore (che per Harris, lo abbiamo capito, stravede senza un motivo) alla fine del primo tempo decide di non togliere Harris per Munez come sempre ma anzi, di affiancare i due in attacco! La scelta paga, l’Arsenal raddoppia ma poi a cinque minuti dalla fine manca il 3 a 0 su rigore e, nel rovesciamento di fronte, Munez lancia Harris che al volo (su un lancio di almeno 50 metri e in evidente fuorigioco MA VA BEH) segna l’1 a 2. E qui accade qualcosa, il Real si trasforma e prende a giocare, addirittura Gravesen realizza passaggi perfetti lunghi piu’ di due metri, per dire. Proprio Munez segna il 2 a 2, con un azione confusa e brutta, senza alcun pathos, che lì per lì ci rimani proprio malissimo per come va. Santi non lo sa, ma è qui che termina la sua ascesa e comincia la sua rapidissima discesa cinematografica: volete sapere gli ultimi 5 minuti di film? VOLETE DAVVERO SAPERLI?

Ok, ve la faccio breve: punizione per il Real, per fallo subito da Santiago.
Ultimo minuto. Siamo 2 a 2.
Chi batte la punizione? Munez o lo specialista Beckham?
Ovviamente lo specialista Beckham.
Tiro. Gol. 3 a 2. Vittoria.
TITOLI DI CODA.
Così, subito dopo il gol di Beckham.
Munez nemmeno è inquadrato.
Fine.
Harris è stato poi convocato nell’Inghilterra? Santiago si è rimesso insieme a Roz dopo la telefonata della vita? Niente, non si saprà mai, perché il film termina lì.
ANZI.
Appare la scritta “To be Continued”, che secondo me è stata messa lì apposta dal regista come per dire alla produzione “ehi raga, ormai l’ho scritto, bisogna fare il terzo”, un pò come quando a calciobalilla si arriva ai vantaggi e non volendo mollare il calcino si evita di fare due gol di fila con ipocrisia.
Visivamente il secondo capitolo della saga non è stato brutto-brutto (le scene “in campo” sono fantastiche, tutto sommato) anche se la trama ha rasentato il delirio e il non-sense e il finale davvero incomprensibile ha stravolto ogni regola narrativa.
Ora…ok che il primo film era scontato, col campioncino che segna il gol decisivo al 90°, ma qui…BECKHAM? E perché Beckham? Perché ridurre il protagonista del film (e di quello precedente) al ruolo di comparsa di punto in bianco? No, veramente, perché? Non potevano semplicemente fare che Beckham pareggiava su punizione e Santiago segnava il gol decisivo?
Si spera di avere risposte nel terzo capitolo…

 

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