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“Lupone” lascia il Bar Sport: è morto Stefano Benni
È morto a 78 anni Stefano Benni, scrittore e poeta satirico noto come “Lupone”. Voce libera e ironica, ha raccontato l’Italia con fantasia e impegno. Bologna, la sua città, lo ha visto tornare solo negli ultimi anni, segnati dalla malattia e dal silenzio.
«Dimenticate per favore, io sono una vecchia città, ho visto le guerre medievali e la peste, e duelli e
invasioni nemiche e poi gli spari nelle strade e i carri armati lasciatemi invecchiare in pace».
Stefano Benni e la città delle due Torri
Stefano Benni se ne è andato all’età di 78 anni dopo una lunga malattia a Bologna, città nella quale era nato il 12 agosto 1947 e dalla quale si era allontanato nel 1977 dopo l’uccisione di Pier Francesco Lorusso e la rivolta studentesca dello stesso anno. «Anche le città hanno bisogno di pace e tranquillità, ha ingoiato la nostra rabbia nel suo sottosuolo, l’ha imprigionata, e ora fa brillare i suoi negozi e le vetrine, per non farcene ricordare». Un grande rammarico quello di averlo visto lasciare la città delle due Torri, aveva espresso Roberto Roversi, libraio e poeta con il quale Benni pubblicò Black out, una raccolta dei suoi primi versi.
Di Bologna infatti Benni aveva detto che non era sufficiente un solo scrittore o un artista per definire il clima culturale di una città e la città delle due Torri gli appariva culturalmente quasi spenta. Tuttavia della città continuò ad amare e a seguire la sua squadra sulla quale scrisse pezzi esilaranti e divertenti. Ha vissuto a Genova e a Roma prima di far ritorno a Bologna negli ultimi suoi anni di vita.
Un tributo autentico, mai conferito
L’Università Perugia dove per anni Benni ha tenuto corsi presso l’Università per Stranieri e dove ha collaborato attivamente con l’Istituto di Mediazione Linguistica, stava per conferirgli la laurea honoris causa. Tuttavia proprio in quel momento lo scrittore si è ammalato. L’unico ateneo, l’unico tributo, l’unico riconoscimento accademico che uno come lui avrebbe potuto accettare con autentico orgoglio. Benni, amico di vincitori di Nobel dal calibro di Dario Fo, era un uomo aperto al mondo, capace di dialogare con chiunque, senza barriere, non si sentiva estraneo a niente e a nessuno e probabilmente proprio per questo Perugia voleva omaggiarlo.
Lupone al Bar Sport
Goffredo Fofi, critico, saggista ma soprattutto amico stretto dello scrittore fu l’unico che scrisse sulle condizioni dell’amico Stefano, dicendo che non era più in grado di comunicare a causa della malattia che già sei anni prima aveva cominciato a manifestare i primi segnali in seguito al Covid-19. «Una vecchiaia davvero inclemente la sua, ma il destino è cieco e la vita riserva brutti scherzi anche a chi davvero non li merita». Altri amici di Benni lo soprannominavano «Lupone» forse perché il suo volto ricordava quello di un personaggio da fumetto oppure il nomignolo deriva dagli ululati che emetteva da bambino tra gli Appennini insieme ai cani. Un lupo che scrive di un certo Bar Sport durante il servizio militare nei «Lupi di Toscana».
Voce di protesta
Stefano Benni fu tra i primi a guidare la protesta in piazza contro la disinformazione della Rai sulla strage alla stazione di Bologna, inizialmente raccontata come lo scoppio accidentale di una caldaia. Il 9 settembre 1979, pubblicò su il manifesto la poesia Benvenuti a Pattiland, dedicata al concerto di Patti Smith a Bologna e Firenze — un evento che segnò l’apertura di Pci e Arci verso la rabbia e le istanze delle nuove generazioni. Quel testo sarebbe poi confluito nella raccolta Il Benni furioso, pubblicata lo stesso anno. Collaborò con Il Male, la storica rivista satirica, dove pubblicò Le poesie del papa, ironiche riflessioni sulla semplicità e l’umiltà di Giovanni Paolo I. E contribuì anche alle pagine de Il Mondo, grazie all’invito del giornalista Luca Goldoni.
Dove sono i colori accesi di Stranilandia?
Benni, inoltre, negli ultimi anni della sua vita aveva ripreso e affinato la sua passione per la pittura fianco a fianco con il maestro Pirro Cuniberti, durante i tempi condivisi al «Carlino». E proprio quest’estate, idealmente, i due sono stati celebrati in Piazza Maggiore a Bologna, in occasione della ristampa di Stranilandia, il libro del 1974. E’ un catalogo immaginario di creature fantastiche, mostri ironici e surreali che popolano un mondo fittizio descritti da Benni con poesie o satire e disegnate con il pennello di Cuniberti. Descrizioni e disegni dai colori accesi che, tuttavia, piano piano hanno cominciato ad offuscarsi a causa dell’inasprirsi del clima sociale e culturale.
Stefano Benni ricordava come la loro vita fosse stata attraversata da porcherie e meschinità ma trovavano sempre il modo per riprendersi e aiutarsi. Avevano creduto nella possibilità di essere liberi, di fermare il ritorno di quei vent’anni segnati dalle divise nere. «Ma la tromba suona fioca adesso. Ci hanno venduto, uno per uno. Hanno venduto le nostre povere vite e la nostra storia, per fare una storia insieme agli altri, una storia finta, che non ha neanche un lieto fine, finisce nell’indifferenza per tutto e per tutti».
(Fonte: Corriere di Bologna, Marco Marozzi)
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