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24 Ore di Daytona 1998 | Il trionfo della Ferrari 333 SP

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La Ferrari 333 SP sul traguardo di DaytonaTutti i protagonisti del motorsport hanno una gara che sognano di conquistare e questa, spesso si trasforma in una vera e propria ossessione, che continua a sfuggire edizione dopo edizione. La 24 Ore di Daytona è stato questo per Gianpiero Moretti, pilota e imprenditore milanese meglio conosciuto come “Momo”, dal nome della sua celebre azienda che opera nel settore della componentistica per automobili. Fino a quel 1° febbraio 1998.

L’ossessione americana

“Momo” cominciò a produrre volanti a metà degli anni ’60, commissionandone uno che gli consentisse una guida più agevole e fornendo poi la Ferrari F1 di quell’anno, vincitrice con John Surtees, che rimase colpito da quel volante più spesso del normale, volendolo sulla sua 158 F1. Da lì il business di Moretti spiccò il volo, consentendogli di proseguire a correre, approdando anche oltreoceano. In quegli anni nacque la sua passione per la 24 Ore di Daytona, vinta da Ferrari nel ’67, partecipando alla gara per la prima volta nel 1970. Negli anni corse diverse manifestazioni, arrivando anche a Le Mans, ma voleva farlo con una vettura del Cavallino Rampante. Negli anni ’90 le gare di durata persero il suo fascino a causa delle politiche della FIA di Max Mosley che, spinto da Bernie Ecclestone, volle concentrare tutta l’attenzione sulla Formula 1. Gli Stati Uniti furono invece immuni da questo fenomeno, anche se nel motorsport non erano privi di altri problemi, quali le diverse scissioni dei campionati. A fine 1992 “Momo” convinse l’amico Piero Ferrari, che deteneva il 10% delle quote dell’azienda emiliana, a costruire un prototipo per le corse endurance, con un progetto avallato da Luca Cordero di Montezemolo. Nacque quindi la Ferrari 333 SP, che in breve dominò le gare oltreoceano, grazie anche a un lungo lavoro di sviluppo svolto dal reggiano Mauro Baldi.

Il trionfo mancato

“Momo” non era affatto un attore disinteressato di questa faccenda, tutt’altro, decidendo di correre lui stesso in America, con una biposto che portasse il nome della sua azienda sulla livrea. Nel 1994 vinse le prime corse in coppia con Eliseo Salazar, mentre nel 1995 conquistò due gare con Wayne Taylor. L’anno successivo, insieme a Baldi, Bob Wollek e Didier Theys, giunse a un soffio dalla conquista della 24 Ore di Daytona, vinta da Taylor, Scott Sharp e Jim Pace con una Riley & Scott Mk III, ma l’obiettivo era sempre più vicino. Nel 1998 la serie americana si divise in due, da una parte l’IMSA e da parte la SCCA con il suo nuovo US Road Racing Championship, che vide nella classica da un giorno della Florida il suo primo atto. Per l’occasione Moretti fu contattato, tramite Theys, da Arye Luyendyk, vincitore della 500 Miglia di Indianapolis 1997 nell’IndyCar, che voleva a tutti i costi un posto in quella Ferrari rossa e gialla con il numero 30. Dopo una breve trattativa, durante la quale “Momo” volle una cifra simbolica da parte degli sponsor dell’olandese, Luyendyk fu della partita, insieme allo stesso Moretti, Theys e Baldi.

La gara

La Daytona di quell’anno vide la partecipazione di ben 76 equipaggi. Nelle prime battute della corsa, Moretti fu coinvolto in un incidente che fece perdere molto tempo alla 333 SP numero 30. In un’intervista rilasciata nel 2012, dopo la morte di Moretti, Luyendyk raccontò alcuni aneddoti di quella cavalcata vincente. In primo luogo, “Momo” prima della gara, disse ai suoi compagni di equipaggio che, su quasi ottanta partenti, ce n’erano settanta molto più lenti di loro che potevano essere di ostacolo: era fondamentale non colpirli durante i doppiaggi. Luyendyk ricordò anche che quella fu la volta che dovette correre più lentamente per vincere, al fine sopperire ad alcuni problemi come quello occorso al cuscinetto alla posteriore destra o ad una foratura lenta che lo costrinse a tagliare sull’erba per rientrare ai box. Nonostante questi guai tecnici, anche grazie ai ritiri della Ferrari numero 3 della Scandia Engineering con Max Papis, Yannick Dalmas, Wollek, Ron Fellows e Andy Evans e alla rottura del motore della Riley & Scott numero 20, entrambe a lungo in testa alla gara, la Ferrari numero 30 riuscì a tagliare il traguardo con ben otto giri di vantaggio sulla Porsche 911 numero 01 del Rohr Motorsport, vincitrice di classe GT1.

Un pit stop della Ferrari 333 SP numero 30

Un pit stop della Ferrari 333 SP numero 30 (source: ferrari.com)

Le parole di “Momo”

Dopo l’impresa, alla Gazzetta dello Sport Moretti dichiarò, tra uno sbuffo di sigaro toscano e un sorso di champagne: «Abbiamo avuto c…, se la Riley-Ford non avesse rotto non avremmo vinto. Daytona è come una bella donna, ci provi una volta e ti va male, poi ci provi ancora e ancora e alla fine ce la fai. Le ho dato tanto amore ma finora non ero stato ricambiato». Il 1998 fu l’ultimo anno da pilota di “Momo” che, una volta conquistata la tanto agognata Daytona, decise di appendere felicemente il casco al chiodo. Ad oggi, fu l’ultima volta che una Ferrari vinse la classifica assoluta della grande classica a stelle e strisce.

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