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Jules Bianchi, una stella che continua a brillare

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formula1.com


Era destinato a fare grandi cose in Formula 1. Il suo percorso con la Ferrari era già segnato: qualche anno di apprendistato e poi molto probabilmente se tutto andava secondo i piani, quella tuta rossa lui l’avrebbe vestita come pilota ufficiale. Purtroppo non sapremo mai se questa storia potesse finire realmente così, perché la vita di Jules è stata stroncata da un’incidente occorso a Suzuka, che lo ha intrappolato in un coma, poi terminato il 17 luglio 2015 in ospedale a Nizza.

Il primo di molti

Nel raccontare Jules non voglio partire da quel tragico 5 ottobre 2014 a Suzuka. Tutti sappiamo cosa successe quel giorno e le mille polemiche che si sono scatenate dopo. Ma ci arriveremo, perché dolente o nolente quel maledetto giorno rappresenta la fine di una carriera che poteva crescere fino a raggiungere l’élite del motorsport. Di Bianchi è facile ricordarsi il viso pulito e da bravo ragazzo che lo caratterizzava. Il talento che senza ombra di dubbio aveva e stava coltivando.

Se lo dovessi ricordare con un colore senza ombra di dubbio sarebbe il rosso. Quel colore sinonimo di passione e fuoco che anima milioni di tifosi in tutto il mondo: Il Rosso Ferrari. Messo sotto contratto dalla FDA nel 2009, Jules è cresciuto a Maranello. Il primo pilota che ha dato il via all’Academy della Scuderia di Enzo Ferrari. Un giovane con così tanto talento non poteva sfuggire agli uomini in rosso. I risultati che ottenne nei campionati di Kart impressionarono gli addetti ai lavori, che decisero di non lasciarsi scappare un possibile campione del futuro. Dopo tutta la trafila nelle serie minori arrivò anche il momento del grande salto in Force India, ma nei primi test per i giovani effettuati nel 2013, Jules vestì quello che poteva essere il suo domani. Salì per la prima volta sulla Rossa di Maranello e stampò il primo tempo, ma il bello doveva ancora arrivare e la Marussia per il 2014 decise di puntare sul monegasco, con Ferrari ben contenta di avere il suo pupillo a tempo pieno in F1 e poterne osservare la crescita da molto vicino.

Nel giardino di casa

Jules si ambientò benissimo tra i venti piloti più veloci al mondo e a casa sua arrivò anche un primo grandissimo risultato. La Marussia, fanalino di coda della griglia, a Monaco stupì tutti con il suo gioiellino. Bianchi al traguardo arrivò ottavo prendendosi i primi due punti della sua carriera e della storia della Scuderia. A causa di una penalità divenne poi nono e i punti divennero solamente uno, ma alla fine la storia non è cambiata e lui l’aveva scritta bene bene. A Monaco, nelle sue strade, divenne grande confermandosi un talento dal piede molto caldo e magari pronto a guidare una vettura più competitiva.

Jules Bianchi con la Ferrari F14T a Silverstone per i test – credits to formula1.com

Una giornata da dimenticare

Nel frattempo il Rosso Ferrari diventava un colore sempre più abituale e anche nei test 2014 a Silverstone fu lui il prescelto per guidare la F14T, mettendosi sempre davanti a tutti. Il destino di Jules sembrava sempre più indirizzato, ma con lui il tempo non è stato galantuomo. Arriviamo ora a quella data tragica. Se penso a quel Gran Premio del Giappone, l’immagine che mi rimbomba in testa è quella della gru entrata per il recupero della vettura di Sutil, uscito di pista un giro prima rispetto a Bianchi. Un’immagine che non mi diede la gravità di quanto era successo, perché la Marussia si era infilata sotto il mezzo di soccorso e non era visibile alle telecamere televisive. La conseguenza di quell’incidente fu un percorso di lotta tra la vita e la morte terminato tra le braccia della dea bendata.

Il calvario di Jules è finito a luglio dell’anno successivo e lì i ricordi si susseguono veloci nella mia testa. I piloti presenti al funerale che portavano la bara del giovane pilota di Montecarlo, gli occhi commossi dei colleghi nascosti dietro gli occhiali da sole e l’imminente GP di Ungheria, corso in nome di un ragazzo, scomparso mentre rincorreva il sogno della sua vita. I piloti in cerchio abbracciati intorno al casco di Bianchi e poi il lungo e commovente discorso di Sebastian Vettel dopo aver tagliato il traguardo per primo e aver dedicato quella vittoria proprio ad un giovane pilota, che forse un giorno avrebbe potuto essere il suo compagno di squadra.

La stella brilla ancora

La sua eredità però sono convinta che non sia andata dispersa, ma la sua anima, come un angelo custode, aleggi nei luoghi da lui percorsi e frequentati. Un’eredità raccolta da colui che stava crescendo nella sua ombra e che oggi ha vestito i panni, che chissà mai sarebbero potuti appartenere a Jules. Charles Leclerc è cresciuto insieme al suo conterraneo, si allenavano insieme, ne ascoltava i consigli e li faceva suoi per andare sempre più forte e veloce, ripercorrendo la carriera dell’amico. Stessa provenienza, stesso viso pulito, carattere simile e quelle abilità che si riconoscono in pochi piloti.  Una stella così luminosa non poteva sparire del tutto. Infatti oggi illumina la strada a tutti quei ragazzi che come lui si vestono di Rosso fin da giovani e sognano di diventare grandi sulla vettura del Cavallino.

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