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Moto Morini, cadere e rialzarsi

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La storia di Moto Morini è segnata dalla determinazione del suo fondatore, Alfonso Morini, che più volte nella sua vita ha saputo reagire alle avversità con grande carattere per inseguire il suo sogno. L’azienda ha oggi sede a Trivolzio, in provincia di Pavia: questo a causa dei vari passaggi di proprietà che l’hanno riguardata nel corso degli anni; la casa motociclistica in questione è però legata in modo indissolubile al cuore della Motor Valley, e in particolare a Bologna, città natale del suo fondatore.

Gli inizi

Fin dalla giovane età, è chiara la vocazione di Alfonso Morini: i motori. Dopo aver accumulato qualche anno di esperienza come meccanico, apre nel 1914 la sua officina, ma con lo scoppio della prima guerra mondiale è costretto ad abbandonare l’attività, che riavvia solo dopo la fine del conflitto. Il primo momento significativo della sua vita e carriera arriva quando nel 1924 fonda insieme a Mario Mazzetti una casa motociclistica, la MM; solo un anno dopo Morini progetta la sua prima moto, la MM 125 cc, pensata per competere in gare di velocità: sarà lo stesso Alfonso a portarla in pista, conquistando nel 1927 svariati record di velocità sul circuito di Monza. 

Il capitolo più importante della vita di Alfonso Morini si apre però nel 1937: dopo 13 anni di collaborazione con Mazzetti, lascia la MM e decide di mettersi in proprio, fondando a Bologna Moto Morini. Tuttavia, nelle prime fasi, a causa di un accordo pattuito con l’ex-socio, non produce motocicli; si dedica quindi alla progettazione di motocarri. Pochi anni dopo però l’incubo della guerra torna a distruggere i sogni di Morini, che è costretto a convertire la propria fabbrica per contribuire allo sforzo bellico nazionale; poi, nel 1943, lo stabilimento viene raso al suolo dai bombardamenti: Alfonso deve ripartire da zero. 

La prima Moto Morini

Ci vuole ben altro però per abbattere lo spirito del bolognese, che nel 1946 si rimbocca le maniche e riavvia l’attività; questa volta si dedica alla produzione di motocicli, e in poco tempo progetta e presenta la prima Moto Morini: si tratta della T125, una due tempi ispirata alla DKW RT, la 125 più in voga dell’epoca. È la prima motoleggera dell’era post-fascista, e riscuote un ottimo successo. Alla prima versione “turismo” si aggiunge la “sport”: la potenza cresce da 4,5 a 5,7 cv, la velocità da 75 a 80 km/h. Il primo modello eccelle in affidabilità e comfort rispetto alle altre 125 di quel periodo. 

La Moto Morini T125
La Moto Morini T125 (source: motomorini.eu)

L’avventura nel Motomondiale

Morini sceglie la T125 per lanciarsi nel mondo delle corse: viene così prodotta una versione “competizione”, con il cambio a quattro marce anziché tre, e in grado di produrre 8/9 cv. In sella a una Moto Morini, prima Raffaele Alberti, e poi Umberto Masetti, conquistano il campionato italiano Motoleggere, rispettivamente nel 1948 e nel 1949; questa moto monta un motore monocilindrico a 4 tempi. Lo stesso motore viene montato anche su un’altra moto, la 175, primo modello di serie; da essa deriva la “Settebello Aste Corte”, che viene pilotata e portata al successo in varie categorie minori da un giovane Giacomo Agostini, futura leggenda del motociclismo.

L’esordio nella classe 125 del Motomondiale avviene nel 1951; dopo un primo anno senza vittorie, nel 1952 arrivano due successi per mano di Emilio Mendogni, che vince prima al Mugello e poi a Jerez, e chiude la stagione in terza posizione. Dopo varie apparizioni in 125 cc, Morini decide di fare il grande salto, tentando la fortuna nella classe appena superiore; il progetto della 250 cc da GP viene affidato a Nevio Biavati, ex braccio destro di Alfonso Drusiani, tecnico della Mondial. La 250 bialbero, dopo aver ottenuto un ottimo successo nei campionati nazionali, debutta nel Motomondiale nel 1958; in occasione del Gran Premio d’Italia viene portata alla vittoria sempre da Emilio Mendogni. L’annata più memorabile è però quella del 1963: pilotata da Tarquinio Provini, la Morini 250 tiene aperta fino all’ultima gara la sfida con il colosso Honda; alla fine però a spuntarla è Jim Redman sulla moto giapponese, conquistando il titolo per soli 2 punti. Inoltre, sempre nel 1963, proprio in sella a una moto della casa bolognese Giacomo Agostini fa il suo esordio nel Motomondiale. Due anni dopo, nel 1965, Moto Morini fa registrare la sua ultima apparizione nel Campionato del mondo. 

Tarquinio Provini in sella alla Moto Morini 250 bialbero
Tarquinio Provini in sella alla Moto Morini 250 bialbero (source: motomorini.eu)

Il rinnovamento con Franco Lambertini

Quando nel 1969 viene a mancare il fondatore Alfonso Morini, la figlia Gabriella, che prende le redini dell’azienda, sceglie di ingaggiare Franco Lambertini, progettista con esperienza nella Ferrari. Lambertini porta aria di rinascita a Bologna, dando il via a una produzione di serie stradale che nel ventennio successivo porta in auge il nome di Morini in tutto il mondo. Innanzitutto, viene progettato un nuovo propulsore: si tratta di un bicilindrico a V con un angolo di 72°, e con una cilindrata da 350 cc; nel 1972, intorno a questo motore, viene prodotta la 3 ½ , che in poco tempo si afferma come la moto di maggior successo nella storia della casa bolognese. Tutta la produzione degli anni Settanta e Ottanta ruota attorno a questo motore, che grazie alla sua versatilità non ha problemi a essere adattato alle tendenze del momento. 

La Moto Morini 3 1/2
La Moto Morini 3 1/2 (source: motomorini.eu)

I cambi di proprietà, il fallimento e la rinascita

Nel 1987 Moto Morini viene ceduta al gruppo dei fratelli Castiglione, Cagiva, che già aveva in gestione il marchio Ducati. Solo un paio di anni dopo, Franco Lambertini, le cui idee ambiziose non vengono assecondate dalla nuova proprietà, lascia l’azienda; i progetti targati Cagiva non riscuotono grande successo, il marchio non riesce a rialzarsi, e nel 1996 cessa la produzione. Moto Morini torna sul mercato nel 2006, dopo l’acquisizione di uno stabilimento a Casalecchio di Reno, nel bolognese; le cose però non vanno bene, e l’azienda viene prima dichiarata fallita, e poi messa all’asta nel 2011. Ad acquisirla è il gruppo Camuzzi, che dopo una fase di riorganizzazione sposta la sede a Trivolzio, nel pavese; la cordata gestisce marchio fino al 2018, anno in cui la società passa sotto il controllo dei cinesi dello Zhongneng Vehicle Group.

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