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E se la Virtus femminile fosse la nuova protagonista della Bologna cestistica? L’editoriale del lunedì

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Il weekend appena trascorso è stato davvero particolare, per Basket City. È da tempo immemore che la prima settimana di maggio non vi è alcuna partita, a suggellare l’eccezionalità di una stagione segnata ovviamente dal Covid. La Virtus Segafredo è ormai da una dozzina di giorni chiusa in palestra, e davanti ha ancora una settimana per cercare di rimarginare le ferite fisiche e mentali di un aprile non propriamente esaltante prima di chiudere la stagione regolare contro una Trento alla disperata caccia di punti per accedere ai playoff. La partita di lunedì prossimo si colora, così, di qualche significato sportivo, ma sarà soprattutto un utilissimo test per rodare una formazione cui rimane un finale di stagione che potrebbe diventare eroico come riservare un’ennesima delusione. In tutti i casi, peraltro, non dimentichiamoci che quest’anno la squadra di Djordjevic avrebbe comunque raggiunto i migliori risultati delle Vu Nere da una quindicina di anni a questa parte, per cui sarebbe assolutamente inopportuno provare avvilimento per un eventuale stop prima della finale. Potremmo tutt’al più parlare di un certo ridimensionamento rispetto agli obiettivi massimi fissati la scorsa estate, senza tuttavia dimenticare che se veramente questa Virtus vuole tornare ai più alti livelli europei non può non mettere in preventivo adeguati tempi di assestamento sia sportivo che societario.

In casa Virtus Segafredo, peraltro, la stagione sarà in ogni caso tutt’altro che priva di soddisfazioni, visto che una parte della famiglia ha ottenuto un risultato di rilevanza storica, un quarto posto in campionato che neppure i più ottimisti avrebbero saputo prospettare la scorsa estate. La squadra di Serventi è partita a razzo e si è poco alla volta conquistato un rispetto che a Bologna il basket femminile non conosceva dagli anni della Libertas di Vivi Corsini, Manuela Peri e Patrizia Martini. Nomi, appunto, incisi idealmente sul parquet di piazza Azzarita. Erano i primi anni Settanta, poi quell’avventura finì perché allora pareva impossibile inserirsi nel dualismo fra Virtus e Fortitudo e l’ambiente cestistico bolognese non era maturo per seguire un’altra avventura. Chissà, invece, che questa non sia l’occasione per ampliare gli orizzonti della Bologna cestistica su una realtà che potrebbe dimostrarsi non meno entusiasmante. Il basket femminile da anni ha conosciuto una crescita tecnica che lo ha reso assolutamente interessante; chiaro, non può avere la fisicità degli uomini, e neppure taluni preziosismi tecnici, ma chiunque lo abbia cominciato a seguire anche solo da quando la Virtus è scesa in campo ha avuto modo di constatarne le potenzialità tecniche e di coinvolgimento. Lo scorso anno Isabelle Harrison, quest’anno Brooque Williams e Abby Boshop sono state le vere perle incastonate in roster di notevole spessore, con Rae Lin D’Alie, Beatrice Barberis, Valeria Battisodo, Ana Marjia Begic, Jomanda Rosier, Alessandra Tava, Simona Cordisco, Sofia Tartarini, capitanate da una Elisabetta Tassinari destinata a divenire il simbolo di questa squadra, a completare un gruppo di cui tutti coloro che abbiano cominciato a seguirlo non possono non avere apprezzato il  gioco e lo spirito d squadra. Vanno riconosciuti, per questo, i meriti del coach, Lorenzo Serventi, poche parole ma tantissimi fatti.

Ma non sarà che il basket femminile possa davvero rivelarsi la nuova frontiera di Basket City?

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