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Moduli del calcio: il 3-4-3 moderno e le sue varianti

Moduli del calcio, parliamo di un modulo che per qualche tempo è stato imperante: il 3-4-3 moderno e le sue varianti

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Continua il nostro piccolo viaggio all’interno del mondo dei moduli del calcio, dopo aver parlato dei primi schieramenti tattici della storia come il “Metodo” ed il “Sistema”, oggi passiamo ad un misto di moduli recenti e passati in disuso, ma che hanno tutti un comune denominatore: sono assimilabili ad un 3-4-3 e derivano in qualche modo dal “Sistema” e dal “Metodo. L’articolo di oggi insomma, può essere visto come una costola o un prolungamento, di quello precedente.

Prima di lasciarvi alla lettura dei moduli di cui discutiamo oggi, eccovi i link per recuperare tutti gli articoli di questa rubrica:

  1. Moduli: dalla Piramide alla Clessidra
  2. Moduli: il 3-4-3 moderno e le sue varianti
  3. Moduli: Catenaccio, Forcone e Zona Mista
  4. Moduli: il 4-4-2 e le sue varianti
  5. Moduli: il 3-5-2 e le sue varianti
  6. Moduli: 4-3-3 o 4-5-1?
  7. Moduli: Il Calcio Totale e il Tiki-Taka

 

Il 3-4-3 (Moderno)

3-4-3 ModernoIl 3-4-3 viene anche definito “3-4-3 moderno”, perché il modulo è una variante del “Sistema” (o “WM”) che era fondamentalmente, assieme al “Modulo” (o “WW”), una specie di 3-4-3 (abbiamo parlato di “Modulo” e “Sistema” nell’articolo: Moduli: dalla Piramide alla Clessidra).

Anche se i difensori e gli attaccanti laterali del 3-4-3 stanno più stretti rispetto a quelli del “WM”, la differenza fondamentale di questo modulo rispetto al suo parente più antico sta nella posizione dei centrocampisti, che sono praticamente in linea invece che distribuiti in un quadrato.

Questa disposizione fa si che i centrocampisti, sia esterni che interni (come vengono chiamati ora mediani e mezzali messe in linea), devono saper difendere ed offendere.

In difesa solitamente i due terzini sono stretti e fungono da marcatori mentre il centrale agisce spesso da “libero”, ovvero da difensore libero (appunto) da compiti fissi di marcatura, che va al raddoppio in aiuto di un compagno marcatore e che contribuisce alla ripartenza dell’azione assieme ai due centrocampisti centrali.

In attacco invece il centrale si muove da vero e proprio centravanti, mentre gli altri due partono solitamente da larghi per poi convergere verso il centro, sfruttando la possibilità di inserimento a ridosso del centrale, o magari, se schierati sul lato opposto al proprio piede (ad esempio un mancino in fascia destra), possono accentrarsi per calciare in porta.

Ma dicevamo del ruolo fondamentale dei centrocampisti… i due centrali devono fare filtro per dare respiro alla difesa a tre, ma anche saper impostare per mettere in movimento i tre attaccanti. I due esterni invece, che hanno forse il ruolo più delicato, devono in fase di non possesso tornare a presidiare le fasce, dato che i terzini sono stretti in marcatura delle punte avversarie, mentre in fase offensiva devono proporsi come ali aggiunte, per dare la sovrapposizione all’attaccante esterno che può leggere la superiorità numerica sia per passarla all’esterno, che per accentrarsi e tentare il tiro. Appare ovvio che gli esterni, in questo modulo, devono essere completi tecnicamente e fisicamente, possedere grande resistenza per poter coprire incessantemente tutta la propria fascia di competenza ed avere inoltre la necessaria avvedutezza tattica per sapere quando è il caso di sganciarsi e quando è il caso di difendere.

Il 3-4-2-1

3-4-2-1Una variante del 3-4-3, è il 3-4-2-1; le differenze fondamentali sono lo spostamento dei due attaccanti laterali al ruolo di fantasisti (o trequartisti), ovvero due giocatori che si muovono a loro piacimento tra le linee, aiutando i centrocampisti e la punta, in base a come si evolve il gioco, alternandosi come seconda punta e come mezzala di stampo classico. In questo caso si può avere una punta centrale di peso, che faccia salire i compagni e favorisca gli inserimenti, oppure un puro finalizzatore, che sfrutti al massimo i lanci in profondità che arrivano dai due giocatori che stazionano immediatamente alle sue spalle.

Fondamentali in questo schema sono anche i due esterni di centrocampo, spesso chiamati in questo caso “tornanti”, perché oltre ad aiutare i tre difensori nella fase di non possesso, devono spingersi in avanti ancora più spesso per suggerire il passaggio ai due fantasisti e poter allargare la difesa avversaria altrimenti troppo concentrata sul solo attaccante centrale.

“Ali tornanti”: è uso comune ritenere il brasiliano Màrio Zagallo – campione del Mario ZagalloMondo con il Brasile nel ’58 e nel ’62 da giocatore e nel ’70 da allenatore – la prima vera “ala tornante” della storia: dotato di ottima tecnica, ma non abbastanza da garantirgli un posto fisso in Nazionale, Zagallo si specializzò, da ala sinistra, nel rientrare a centrocampo nel 4-2-4 verde-oro, esatto contraltare dell’ala destra Garrincha, che invece agiva quasi come attaccante aggiunto e senza compiti di copertura. Zagallo garantiva con questo movimento “a rientrare”, adeguato aiuto al centrocampo, lasciando a Garrincha, Didì e Pelé (Amarildo nel 1962) la libertà di attaccare a proprio piacimento. Il ruolo richiedeva grande disciplina tattica e capacità di lettura della partita, e sicuramente non è un caso che Zagallo sia poi diventato un grande allenatore.

Il 3-6-1

3-6-1Dal 3-4-2-1 che abbiamo appena visto, deriva poi una variante che può sembrare ancor più difensivista che è il 3-6-1.

E’ un modulo che a prima vista può sembrare inusuale, ma nel recente passato è stato spesso utilizzato sia da squadre di club che da Nazionali (come gli USA e la Corea del Sud nei rispettivi Mondiali del 1994 e 2002). I sei centrocampisti creano un filtro continuo, con pressing anche molto alto, che in fase di possesso palla si trasforma in un lungo fraseggio per evitare che l’avversario recuperi facilmente il pallone. I tre difensori agiscono come nel 3-4-3, stretti e col centrale che può fare il libero, la punta può essere di movimento per sfruttare la fitta ragnatela di passaggi dei centrocampisti o molto fisica, per dare tempo ai centrocampisti più dotati di capacità di inserimento di supportare la manovrà d’attacco.

I sei centrocampisti si dividono solitamente in due ali “tornanti” come quelle del 3-4-2-1, due centrocampisti più dediti all’attacco ed agli inserimenti, e due che prediligono la fase di rottura, ma con una formazione di buon livello, i quattro possono scambiarsi spesso di ruolo, alternandosi nelle sortite offensive e non dando così punti di riferimento agli avversari. Quello che una volta era il centrocampista centrale che solitamente gestiva il gioco come vertice basso, davanti alla difesa, regista e cardine della squadra e moderna reinterpretazione del classico “centromediano metodista”, viene sostituito ora dal centrale della difesa a 3 o da uno dei due centrocampisti più “bassi”.

La Diagonàl

DiagonàlSiamo alla chicca di oggi: la “Diagonàl”. La “Diagonàl” è forse l’anello di congiunzione tra il 3-4-3 moderno ed il 3-4-3 del “Sistema” e del “Modulo (di cui abbiamo già parlato nell’articolo Moduli: dalla Piramide alla Clessidra) ed è un modulo ormai in disuso da parecchio tempo.

Nato in Sud America nella seconda metà degli anni 40, era un diretto discendente del “Sistema” (“WM”) e del “Modulo”, (“WW”) in quanto provava a sopperire alle mancanze delle due tipologie di gioco, mischiandole assieme.

Come si vede bene dall’immagine, il “Diagonal” prende il nome da come sono schierati in campo i giocatori; ci sono infatti due diagonali ben visibili (la prima composta dal Terzino Destro, il Centromediano ed il Mediano Sinistro; la seconda da Interno Destro, Interno Sinistro ed Ala Sinistra), e come si può notare, la parte destra della formazione ricalca lo stile del “Sistema”, mentre quella di sinistra quella del “Metodo (in Argentina alcune squadre di club invertiranno i lati in base alle qualità dei giocatori).

In questo modo i tre difensori marcano a uomo i tre attaccanti avversari e mentre mediano destro può marcare a uomo la mezzala sinistra, la mezzala destra si gioca la fase di marcatura e quella di spinta con l’omonimo ruolo avversario, in modo che in base a chi dei due attacca, l’altro debba arretrare. Infine il centromediano agisce come quello del “Metodo, rompendo il gioco avversario e dovendo poi fare il regista arretrato in fase di costruzione di gioco, un mix tra mediano e battitore libero che porta la “Diagonàl” a gettare le basi per quello che poi è a tutti gli effetti, visti i movimenti in campo dei giocatori, un 4-2-4.

Adolfo PederneraDal 1941 al 1947 il River Plate di Adolfo Pedernera e Ángel Labruna mieterà successi portando la “Diagonal” ad essere famoso, tanto che il Brasile affronterà il Mondiale del 1950 con questo modulo… ma il dramma del “Maracanazo”, con la sconfitta contro l’Uruguay che giocava col “Metodo”, creerà un shock talmente elevato che la nazionale verde-oro cambierà subito il modulo trasformando la “Diagonàl” in un vero e proprio  4-2-4 (di cui abbiamo già parlato nell’articolo: Moduli: dalla Piramide alla Clessidra) che appariva più moderno e più adatto alle qualità dei brasiliani. Le successive vittorie nei Mondiali del ’58, ’62 e ’70 dimostrano quindi che sebbene la qualità dei giocatori sia determinante per giungere al trionfo, anche una corretta disposizione in campo – mirata cioè ad esaltare le qualità dei singoli senza perdere di vista l’insieme – è senza dubbio necessaria per conquistare la vittoria. Il Brasile del 1950 aveva grandi giocatori, ma cadde nella partita decisiva per un mix di fragilità caratteriali e deficit tattici: sebbene l’Uruguay schierasse un modulo ben più arcaico, infatti, l’interpretazione degli uomini capitanati da Obdùlio Varela fu concreta e molto accorta nel chiudersi e ripartire. La classe di Schiaffino e Ghiggia, oltre alla rinomata forza mentale tipica degli uruguaiani, furono altrettanto determinanti, ma è opinione diffusa che senza un modulo tattico vincente l’Uruguay sarebbe stato spazzato via dai giocolieri brasiliani.

Fonte: Wikipedia; Jonathan Wilson “La Piramide Rovesciata” (2011)

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