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Tre giugno 1984 di festa

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3 giugno 1984, una giornata di feste da celebrare e di feste annunciate. In mattinata si svolge la cerimonia d’intitolazione dello Stadio Comunale a Renato Dall’Ara, presidente per trent’anni dei rossoblù, cinque scudetti, una Coppa dell’Europa Centrale, il Torneo dell’Esposizione di Parigi, gli allori più importanti, ma anche una Mitropa Cup e una Coppa Alta Italia. Tantissimi i rossoblù di un tempo presenti all’avvenimento: Bulgarelli, Pavinato, Fogli, Negri, Schiavio, Pascutti, Cervellati, Pivatelli, Marchi, Marchese, Pagotto, Malagoli. Viene anche scoperto il busto di Dall’Ara, opera di Paolo Todeschini, scultore, ma anche ex rossoblù. Nello stesso giorno di vent’anni prima nella sede della Lega a Milano, alla presenza del presidente dell’Inter Angelo Moratti e del Presidente di lega Giorgio Perlasca, il cuore di Dall’Ara, già in condizioni di sofferenza, aggravate dalle losche trame ordite alle spalle del Bologna, culminate nel famoso giallo del doping, cedette. Mancavano quattro giorni alla conquista di quello scudetto che il Presidente aveva tanto inseguito.

Nel pomeriggio di quel 3 giugno è infatti in programma in quello stesso impianto l’ultima giornata di campionato di Serie C, dove il Bologna era precipitato per la prima volta, passando in due sole annate dal non essere mai retrocesso dalla massima serie alla caduta in terza categoria. Un Bologna – Trento che avrebbe fatto rabbrividire Dall’Ara, ma che nel 1984 rappresenta la partita della promozione. Un gol di Facchini è sufficiente per tornare in Serie B.

Poco dopo ha inizio al Palasport di Piazza Azzarita la semifinale di andata di Coppa Italia tra Virtus e Benetton Treviso. L’incontro ha un significato che oltrepassa il valore della posta in palio, è infatti l’occasione per festeggiare i bianconeri che sette giorni prima hanno trionfato a Milano, conquistando il decimo scudetto, quello della stella. Il palazzo dello sport è tutto bianconero e tricolore per festeggiare i neo campioni d’Italia prima della partita. Il colpo d’occhio e il tripudio generale quando la squadra sale la scaletta che collega gli spogliatoi al campo sono l’apoteosi di un clima di entusiasmo che dura da una settimana, tanto naturale quanto difficile da gestire per dei giocatori che devono ancora concludere la stagione.

Gli atleti e lo staff tecnico della Granarolo, però, vanno a cercare le ultime risorse nella loro sete di vittoria e nella grande professionalità. Una Virtus scarica, stanca, ma orgogliosa, fatica molto per venire a capo degli avversari. Il migliore realizzatore è Van Breda Kolff con venti punti. La Virtus conduce con vantaggi minimi e a un minuto e quattordici secondi dalla fine Treviso arriva a meno uno sull’81-80, poi Marietta a trentacinque secondi dalla sirena fallisce il sorpasso, ma i trevigiani a nove secondi dal termine sono ancora alla minima distanza sull’83-82. Decisivo Brunamonti, bravo a guadagnarsi e realizzare i liberi del più tre finale. Un vantaggio per nulla rassicurante in vista del ritorno in terra veneta, ma almeno arriva la vittoria e non si rovina il clima di festa di quella giornata.

La Benetton era solo alla seconda trasferta della sua storia contro la Virtus, ma sprecò un’occasione. Si presenterà a Bologna contro le V nere con squadre ben più attrezzate di quella del 3 giungo 1984, ma perderà altre diciotto volte e dovrà aspettare il 1996 per battere a domicilio la Virtus. Tre giorni dopo le V nere riusciranno in trasferta a limitare la sconfitta ad un solo punto e a guadagnarsi l’accesso alla finale in programma a Bologna il sabato seguente, quando la Granarolo Felsinea battendo Caserta, conquisterà anche la Coppa Italia e porterà così a termine una stagione trionfale.

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