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Fortitudo Legends – Gary Schull

Il ricordo del Barone non sfuma con il tempo. In ogni angolo del Paladozza si respira ancora l’eco della sua grinta, della sua umanità, del suo amore per Bologna.

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Gary Schull (© Fortitudo Legends - Fortitudo Pallacanestro Bologna 103)
Gary Schull (© Fortitudo Pallacanestro Bologna 103)

Il 9 febbraio 2005 se ne andava Gary Walter Schull, leggenda assoluta della Fortitudo. A più di vent’anni dalla sua scomparsa, il ricordo del “Barone” è ancora scolpito nel cuore dei tifosi biancoblù. Non solo un grande giocatore, ma il simbolo di un’epoca e di successi indelebili, che riecheggiano ancora oggi (nella curva a lui intitolata al PalaDozza) tra le bandiere e i colori biancoblù.

Dalla Florida a Bologna: la nascita di un amore

Nato a Willow Grove, Pennsylvania, il 18 dicembre 1944, Schull si mise in luce alla Florida State University tra il 1963 e il 1966, tanto da guadagnarsi un posto nella Hall of Fame dell’ateneo. Dopo essere stato selezionato dai Cincinnati Royals al settimo giro del Draft NBA del 1966, la sua carriera prese però una direzione diversa: niente NBA, ma prima il lavoro alla Philip Oilers nella Lega Industriale americana, poi, a 23 anni, l’approdo in Italia.

Fu l’estate del 1968 a cambiare la storia: la Fortitudo lo accolse a braccia aperte, e Schull rispose regalando ai tifosi cinque stagioni memorabili, fatte di sudore e un indiscutibile e infinito talento. Ancora oggi, la celebre foto che lo ritrae ferito ma trionfante dopo un derby vinto contro la Virtus è uno degli emblemi della sua dedizione.

Il “Barone” in campo: talento e grinta

Gary Schull era un cestista completo, capace di dominare sia sotto canestro che al tiro. Nella stagione 1970-71 si laureò miglior marcatore del campionato italiano con 540 punti, e in altre due occasioni fu il miglior rimbalzista della Serie A. Indossava la canotta numero 13, poi ritirata dalla Effe in suo onore. Fu protagonista con le maglie Eldorado prima e Alco poi, marchi storici del basket bolognese. Ma a rendere davvero speciale il suo rapporto con la squadra non furono solo le cifre. Schull giocava con un’intensità rara, che lo portava a dare tutto per l’Aquila, anche a costo di ferirsi. Era amato per la sua umanità, per la capacità di emozionare, per quel legame viscerale che lo ha unito al popolo biancoblù.

Gary Schull (© Fortitudo Pallacanestro Bologna 103)

Gary Schull (© Fortitudo Pallacanestro Bologna 103)

L’addio e il ritorno da leggenda

Nel 1973, a malincuore, decise di lasciare Bologna per tornare negli Stati Uniti ad assistere la madre malata. Si stabilì in Florida, dove si sposò con Debbie e lavorò come costruttore edile. Ma il legame con la Fortitudo non si spezzò mai. Nel 1999 tornò a Bologna per partecipare alla grande festa di inizio stagione, ricevendo la storica canotta Eldorado dalle mani di Dan Gay. Qui promise di tornare per lo scudetto, e così fece: nella primavera del 2000 era sul carro dei campioni che sfilava sotto le Due Torri, celebrando un traguardo che anche lui, pur da lontano, aveva contribuito a costruire.

Una curva, una maglia, un mito

Quando il destino lo portò via nel sonno, nel febbraio del 2005, il mondo Fortitudo pianse un uomo che aveva dato tutto a quei colori. La società decise di ritirare per sempre la sua maglia numero 13, oggi esposta al Paladozza, sopra la curva che porta il suo nome. È lì che la Fossa dei Leoni continua a cantare per lui, vent’anni dopo.

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