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Italiano alza il volume: il Bologna suona il pressing perfetto

Statistiche alla mano, il pressing di Italiano rende il Bologna tra le squadre più efficaci della Serie A. Ecco cosa dicono i numeri.

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Vincenzo Italiano, allenatore del Bologna (© Damiano Fiorentini)
Vincenzo Italiano, allenatore del Bologna (© Damiano Fiorentini)

La stagione è finita, ma è inevitabile ripercorrere i numeri fatti dal calcio di questo Bologna. Un calcio che non è quello dei dribbling infiniti. È un calcio che si costruisce metro dopo metro: con pazienza, precisione e un’idea chiara di cosa si vuole diventare. È il calcio di Vincenzo Italiano, che a Bologna sta vivendo la sua metamorfosi più bella. Un calcio che non ha bisogno di slogan, ma di statistiche. E dietro ai numeri, di storie. Come quella di una squadra che, passo dopo passo, sta riscrivendo le gerarchie della Serie A.

Il Bologna di Vincenzo Italiano: il pressing come linguaggio

Se c’è una parola chiave per capire il Bologna di oggi, è “pressing”. Qui parliamo di un pressing pensato come filosofia, come struttura portante dell’identità tattica. Lontano dal calcio difensivo che si vede in Italia, quello che inizia e finisce nella propria metà campo. Italiano ha portato a Bologna una dottrina diversa: aggredire, recuperare alto, soffocare la costruzione altrui sul nascere.

Il dato che racconta meglio questa scelta è quello del PPDA, acronimo che sta per “Passes per Defensive Action”, ovvero il numero di passaggi concessi agli avversari prima di un’azione difensiva. Più il numero è basso, più il pressing è efficace. Il Bologna di Italiano è primo in questa speciale classifica con un PPDA di 9.1. Nessuno in Serie A fa meglio.

Recuperi offensivi: l’arte di rubare il tempo

Ma il pressing, per essere utile, deve trasformarsi in qualcosa. E nel caso del Bologna si trasforma in recuperi offensivi: ben 268 in stagione, 45 dei quali conclusi con un tiro e 5 finiti in gol. Sono numeri che raccontano un calcio reattivo, veloce nel pensiero e nell’esecuzione, che non concede tregua. Una squadra che ruba il tempo, letteralmente, agli avversari. E che costruisce la propria identità non sulla paura, ma sull’iniziativa.

L’equilibrio degli uomini di Italiano

Ogni grande sistema ha bisogno di ingranaggi calibrati. Italiano ha trovato i suoi in giocatori che dentro al campo parlano un linguaggio tecnico e tattico altissimo. Beukema e Lucumí sono centrali moderni, in grado di reggere uno contro uno a campo aperto. Freuler e Ferguson in mediana sono cervello e gambe, geometria e intensità. Davanti, Odgaard è la prima linea difensiva, il terminale che fa da schermo e da stimolo, mentre Castro è il soldato silenzioso che non si risparmia mai.

Difendere attaccando

Un paradosso solo apparente: la miglior difesa nasce dall’attacco. O meglio, dalla volontà di difendere lontano dalla propria porta. Ed è qui che il Bologna sorprende. È la squadra che ha subito meno tiri in tutta la Serie A: 320 conclusioni totali, contro le 364 del Napoli e le 372 dell’Inter. Quando si guarda solo ai tiri nello specchio, il dato si alza (108), ma resta tra i migliori. Non per caso. Ma per struttura.

Il rischio calcolato

Chi pressa alto, vive sul filo del rasoio. Il contropiede è il prezzo da pagare. E qualche fitta l’ha provata anche Bologna, è inevitabile. Ma il sistema di marcature preventive pensato da Italiano ha spesso retto bene l’urto. E quando qualcosa è saltato, non si è trattato mai di cedimenti strutturali, ma di episodi. L’idea resta solida. Anzi, solenne.

Il futuro del Bologna di Italiano? Passa dal mercato

Per continuare a sognare, il Bologna dovrà trattenere i suoi pezzi migliori. E, se possibile, aggiungere qualità. Il rischio più grande per una squadra costruita sul dettaglio è perdere anche solo uno degli elementi chiave del meccanismo. Italiano ha fatto rendere ogni risorsa al massimo, ma un progetto così raffinato ha bisogno di continuità.

Fonte: Davide Centonze, Più Stadio

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