Bologna FC
Cronache di Spogliatoio – L’epopea di Riccardo Orsolini
L’intervista di Cronache di Spogliatoio a Riccardo Orsolini: il pazzo rivoluzionario, l’esultanza per l’amico che fa infissi ad Ascoli e l’offerta dall’Arabia
Un incredibile percorso, fatto di casualità e momenti no, ma anche di incredibili traguardi ed emozioni che fanno da padrone: è la storia di Riccardo Orsolini, condottiero del Bologna, che ai microfoni di Cronache di Spogliatoio, in compagnia di Giacomo Brunetti, ha raccontato il suo percorso dagli inizi ad oggi. Un viaggio tra ricordi e aneddoti, dove non mancano profonde riflessioni e un pizzico di sana autoironia.
L’intervista a Riccardo Orsolini a cura di Cronache di Spogliatoio
Ritorno alle origini: Rotella, dove tutto ebbe inizio
Rotella, un paesino di appena 700 anime in provincia di Ascoli Piceno. È qui che Riccardo è cresciuto e dove ha per sempre lasciato un pezzo di cuore: «Ho sempre vissuto a Rotella, la mia famiglia è originaria di lì e anche io. All’età di 14 anni ci siamo trasferiti ad Ascoli per motivi lavorativi sia dei miei genitori che miei. Ero l’idolo della festa del paese: si chiamava Porco Festival e ogni anno cercavo di prendermi qualche giorno per andare a dare una mano». Un legame indissolubile, mantenuto vivo anche dalle inimitabili amicizie che ancora oggi animano ogni festa: «I miei amici di Rotella sono molto carichi, sono ruspanti. Sono molto legato a loro: sono stati e sono ancora parte del mio percorso e della mia vita».
Una riflessione sul calcio italiano: la fortuna di avere accanto le persone giuste
Il mondo del calcio è in continua evoluzione: le carriere dipendono sempre più dalle scelte ed essere circondati dalle persone giuste può fare una grande differenza. Orsolini lo sa e la sua gratitudine verso chi lo circonda non cesserà mai di esistere: «Quanti talenti si sono rovinati per colpa di personaggi o situazioni esterne: lo sport dovrebbe respirare la stessa aria sana di un tempo. Il calcio è cambiato, in peggio e in meglio: credo stia anche nell’intelligenza dei ragazzi capire di chi circondarsi» dice. «Ci sono regole troppo oppressive: alla fine è un gioco, è divertimento, salute, coesione. Certo, è un lavoro e bisogna a metterci massimo impegno, ma va vissuto con un pizzico di goliardia. I ragazzi devono avere tempo di crescere e sbagliare». Proprio per questo motivo, è lui il primo a dedicare il suo tempo ai più giovani: «Cerco sempre di stare con i ragazzi più giovani per aiutarli a integrarsi nel gruppo. Ti devi mettere nei panni loro e ricordarti di quando eri come lui. Li tratto sempre come io avrei voluto essere trattato».
Avere accanto persone che vogliono il tuo bene è determinante, come nel caso di Riccardo, che con mister Mihajlovic aveva creato un rapporto strettissimo: «Solitamente a pranzo staff e giocatori mangiano a due tavoli separati: con Sinisa no. Aveva creato un tavolo a ferro di cavallo ed eravamo seduti tutti assieme. Sinisa mi voleva vicino a lui: mi aveva adottato come figlioccio, mi ha fatto capire quanto ci tenesse».
Sinisa Mihajlovic (© Damiano Fiorentini)
Da Mihajlovic al tetto d’Italia: l’epopea del Bologna
Ed è proprio sotto la guida del grande Mihajlovic che il Bologna di oggi ha iniziato a prendere forma: «Con Sinisa abbiamo iniziato a gettare le fondamenta di quello che oggi è un bellissimo palazzo» afferma Orsolini. Poi l’arrivo di Thiago Motta e il definitivo decollo dei colori rossoblù: «Motta ha portato cambiamenti in campo: con lui siamo diventati una squadra bella da vedere, efficace e che portava risultati, anche storici. Io lo definisco pazzo rivoluzionario: aveva idee tutte sue, totalmente diverso da un’allenatore standard. Gli allenamenti erano impostato su di noi, non su come giocano gli avversari: un po sfacciati e presuntuosi, nel senso bello della parola».
Oggi seduto sulla panchina del Bologna c’è Vincenzo Italiano, un’altro rivoluzionario a modo suo. Riccardo la definisce una «macchina perfetta» quella creata dal mister, con cui fin da subito ha trovato il feeling: «Ci siamo trovati subito perché è un po come me: schietto, se ti devo mandare a quel paese ti ci mando, una persona vera, trasparente».
Vincenzo Italiano (© Bologna FC 1909)
Una macchina perfetta, che non ha subito ingranato la marcia giusta, ma che, quando è partita, ha fatto vivere un sogno ad un’intera città: «Non è stato facile all’inizio, poi ci siamo sciolti e fusi insieme. Il Risultato? Il connubio perfetto, tutto condito dalla storia vittoria della Coppa Italia, la vera ciliegina sulla torta».
La bussata di Orsolini: per un amico che fa infissi ad Ascoli
Poi la verità sull’iconica esultanza per un amico che fa infissi ad Ascoli, la bussata: «Nasce come una goliardia: andavo verso la curva, poi ho visto una telecamera gigante con la luce rossa che mi puntava e mi sono detto “adesso la sfondo”». Orsolini ci tiene anche a precisare che non c’era alcun richiamo, come in molti avevano immaginato, alla mancata convocazione in Nazionale: «Non volevo creare polemiche, anzi. Sono rimasto sorpreso dal clamore mediatico, non pensavo potesse riscuotere questo successo». Una convocazione che poi si è guadagnato a pieni voti e che lo riporta alla prima volta: «Il gol all’esordio in Nazionale si può considerare uno dei punti più alti della mia carriera. Gianluca Vialli mi regalò un gagliardetto per l’occasione: quelli sono i momenti che ti ricorderai per tutta la vita perché sono quelli che sogni da bambino».
Riccardo Orsolini(©Bologna FC 1909)
L’offerta dall’Arabia: mai contro i codici d’onore
Ultima, ma non per importanza, la famosa offerta arrivata dall’Arabia. In quanti l’avrebbero rifiutata? Sicuramente pochi, ma lui è uno di quelli: «Un’offerta molto ricca, che avrebbe potuto cambiare la mia vita. Non nego di averla presa in considerazione, ma io gioco a pallone perché mi piace, perché mi crea delle emozioni. Preferisco dare spazio all’emotività che al portafoglio. Il calcio per me è divertimento, voglio andare al campo col sorriso e circondarmi di persone che mi vogliono bene. Questo è il motivo per cui sono ancora qui a Bologna: quando sto bene, riconosco il valore delle persone e rispetto i codici d’onore. Non è stata una scelta sofferta».
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