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Calafiori: il ruolo nello scacchiere tattico

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Fonte: Bologna FC


La forza emozionale del Bologna è stata sviscerata in ogni modo: le vittorie arrivate grazie al bel gioco, la volontà di aggredire le partite aggrappandosi, anche nei momenti di massima difficoltà, al proprio gioco sono tutti marchi di fabbrica del Bologna targato Thiago Motta.

Ma la forza di questa squadra non sta solo in questo. La forza dei rossoblù va anche analizzata calciatore per calciatore. Questa sorta di estrema libertà imposta da Motta è frutto di uno studio attento e di una grande comprensione del calcio, ma soprattutto di una sfida aperta al sistema. Proporre un’alternativa credibile. E per farlo si passa dalla capacità dei giocatori di seguire le idee del proprio allenatore e facendosi portavoce di questa modalità innovativa di intendere la fase di possesso palla. 

L’uomo chiave di tutto ciò è, senza alcun dubbio, Riccardo Calafiori.

La fase di impostazione

Partiamo dal basso, come il Bologna di Thiago Motta. 

In fase d’impostazione la manovra rossoblù si sviluppa subito in verticale. La posizione dei due centrali non è statica come da classica difesa a 4. Calafiori esprime questo concetto alla perfezione. Il classe 2002 si stacca spesso dalla linea dei difensori per dare una linea di passaggio verticale al terzino in possesso, andando ad attaccare la profondità come un centrocampista aggiunto. Il suo compagno di reparto rimane basso andando ad occupare la posizione di libero. È fondamentale per questo tipo di struttura di gioco che tutti i giocatori abbiano grandi capacità tecniche nella gestione del pallone perché un eventuale scippo da parte del reparto offensivo avversario lascerebbe una grande quantità di spazi in cui inserirsi, rendendo impossibile attuare il fuorigioco. Calafiori, andando ad occupare quella porzione di campo più avanzata, permette di creare la superiorità numerica. Spesso il trequartista, Ferguson ne è l’esempio più eclatante, si abbassa per ricevere il pallone spalle alla porta e ha a disposizione almeno due linee di passaggio pulite: il centrocampista e, appunto, Calafiori che può sfruttare la sua velocità per aumentare il ritmo dell’azione senza un eccessivo dispendio energetico. 

In più il movimento non tradizionale dei centrali ha un effetto preciso nella costruzione dell’azione: specialmente contro le squadre che giocano uomo su uomo, come l’Atalanta di Gasperini, la creazione di spazi da parte dei centrali di difesa porta gli attaccanti avversari a seguire le linee di corsa dei difensori che si inseriscono, lasciando più campo alle trame verso i terzini. Calafiori spesso lo vediamo avvicinarsi al compagno di reparto per attrarre la pressione su di sé, per lasciare lo spazio necessario nel quale i terzini possono andare a prendere il pallone in zona centrale. 

L’attacco nella metà campo avversaria 

Il Bologna è primo in campionato per tocchi nella trequarti difensiva, mentre è perfettamente in media nella classifica data dai tocchi nella trequarti offensiva. Questi dati ci dimostrano come la squadra di Motta costruisca la manovra quasi esclusivamente nella propria metà campo, andando ad accelerare improvvisamente quando entra nella metà campo avversaria. Calafiori è il perfetto interprete di questo sistema di gioco. La sua posizione fluida in fase d’impostazione permette alla squadra di fare possesso palla per poi cambiare passo e rendersi pericolosa davanti. 

L’ottima condizione atletica di Calafiori gli permette di essere il primo aggressore sulle seconde palle e la sua meravigliosa intelligenza tattica gli concede di andare ad occupare più zone del campo dopo la riconquista del pallone. Andiamo a vedere un esempio di questa situazione. Siamo nel primo tempo di Bologna-Lazio, 11a giornata. Saelemaekers perde il pallone sulla fascia sinistra all’altezza della trequarti. La palla schizza in avanti. Felipe Anderson sembra in vantaggio, ma Calafiori ha letto prima dove andrà a finire la traiettoria e mette in campo le sue caratteristiche di cui sopra: atletismo, per arrivare prima dell’esterno brasiliano, e intelligenza tattica, per leggere l’azione e fare la scelta più corretta senza frenesia. Recuperato il pallone, infatti, Calafiori porta palla, crea la superiorità numerica andando in dribbling su Guendonzi, appoggia a Saelemaekers e scatta in sovrapposizione per portare via l’uomo, in questo caso Lazzari, e lasciare al compagno la possibilità di andare al cross con la massima libertà. L’aggressione a 70 metri dalla porta è una concessione che Motta fa al suo giocatore perché è consapevole che Calafiori sappia esattamente quando è opportuno andare ad attaccare l’avversario e quando, invece, rimanere basso. Questo permette al giocatore di godere di una buona facoltà di decisione. Spesso l’abbiamo visto andare ad incaricarsi di chiudere l’azione in seguito ad un calcio d’angolo, cogliendo la possibilità di andare a calciare la seconda palla dopo la respinta della difesa. Evidente anche in questo caso la grande facoltà di decisione che Motta concede al suo giocatore che né staziona in area di rigore come un difensore centrale statico e passsivo, né è costretto a ripiegare subito per evitare il contropiede.  

Un occhio al futuro

 

Abbiamo analizzato la spinta che dà Calafiori alla manovra offensiva, ma la lettura dell’azione gli impone spesso di essere ad interpretare il ruolo di ultimo uomo, quel libero eventuale che è decisivo in fase di ripiegamento. Quello che emerge maggiormente da questo studio ed impressiona di più è la maturità con cui Calafiori si fa carico di queste decisioni. Spesso si è detto di quanto sia stato fenomenale il suo adattamento al nuovo ruolo, lui che nasce terzino, ma la fluidità della manovra di Motta, come abbiamo visto, è fin troppo contraria agli incasellamenti tradizionali dei ruoli da rendere la sua transizione al centro della difesa un processo del tutto naturale. Bisognerà capire se sarà in grado di adattarsi a un sistema di gioco più dogmatico e meno innovativo.  

 

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