Basket
Sì, Bologna, sei di nuovo “Basket City”
A Basket City la pallacanestro femminile torna a essere protagonista: dopo la chiusura della Virtus, il segnale per la città è importantissimo

Ricordo come se fosse ieri il momento in cui seppi che la Virtus aveva deciso di chiudere per sempre il proprio settore femminile. Un po’ shock, un po’ rabbia, un po’ di delusione incredibile verso una società che aveva fatto passi da gigante per valorizzare e far crescere questo benedetto basket femminile. Il tutto già sapendo che nel giugno 2025 sarebbero stati disputati al Paladozza gli Europei: quale piazza migliore, se non Basket City, per accogliere le Azzurre? In quel momento, tra i vari pensieri che passarono nella mia testa, ci fu anche un amaro “Non se le meritano“. Anzi, “Non ce le meritiamo“, visto che all’anagrafe risulto anche io nata e cresciuta a Bologna. “Bologna non se le merita, no“, pensai.
Basket City, ospite di Women’s EuroBasket
Con l’avvicinarsi dell’evento mi sono ritrovata spesso, spessissimo, quasi a voler urlare agli altri dell’importanza di quello che stava per accadere. In maniera quasi maniacale volevo parlare, parlarne, quasi a voler riscattare quello smacco che la mia città, la mia Bologna, la capitale del Basket Europeo, chiamata non per caso Basket City, aveva inferto al basket femminile. Speravo che potesse in qualche maniera sanare quella ferita che sentivo mia come non mai. Ero terrorizzata che Bologna, la città scelta per ospitare l’evento, dovesse chiedere scusa ancora una volta a quelle fantastiche atlete che avevano una sola e singola colpa: non essere uomini, non poter correre, schiacciare, tirare come i colleghi al maschile. Che colpa non è, sia chiaro, e che nessuno considera tale, ma che lo sport femminile, almeno in Italia, goda di un’attenzione minore in qualsiasi campo andiamo a spostarci, è un dato di fatto.
Pronti, via, l’Europeo è iniziato come meglio non avrebbe potuto. 3 vittorie in 3 partite, primo posto nel girone, quarto di finale con la Turchia conquistato, Nazionale a caccia di un posto in semifinale che varrebbe concretamente la storia del basket femminile recente per tutta la Nazione. Dei risultati sportivi, però, non voglio parlare. Anzi, sarebbe giusto parlarne, ma altri già lo hanno fatto e meglio di come lo farei io. Vorrei gettar luce su aspetti, però, che a mio avviso meritano la stessa attenzione.

Laura Spreafico, capitana di Italbasket (©L.Canu / Ciamillo-Castoria)
Un amore che cresce e si moltiplica
Sono bastate 3 partite per far innamorare la nazione delle 12 azzurre che corrono avanti e indietro dal parquet. Non mi dimenticherò facilmente di quando sono entrata, giovedì, dentro al Paladozza, e di come avrei voluto che quel migliaio o poco più di persone sedute si moltiplicassero, triplicassero, occupassero ogni angolo dell’impianto per dare quello che le ragazze di Italbasket si meritavano: una folla di mani che battono solo per loro. Poi, ieri sera, ho sentito come se questo piccolo e stupido desiderio si fosse avverato. Davanti a un Paladozza gremito, le Azzurre hanno battuto la Lituania e conquistato la vetta di un girone durissimo. Non riesco a leggere questo moltiplicarsi di persone in maniera diversa da un moltiplicarsi dell’interesse e dell’affetto verso questa splendida squadra.
Come tutti gli sportivi, una donna di sport deve conquistarsi credibilità palleggio dopo palleggio, giocata dopo giocata, partita dopo partita. E spesso non basta, deve anche essere in grado di reggere il confronto con gli uomini, di offrire quello che la gente si aspetta da lei, di scalpellare via quel muro costruito in un paese dove la cultura sportiva, purtroppo, non poggia le sue fondamenta sulla correttezza, sul fair play, sull’inclusività.
Ciò che hanno fatto le ragazze di coach Capobianco è proprio questo: tirare giù come un ariete, ma con la delicatezza di un fiore, quell’ingombrante ombra di scetticismo che aleggia intorno a ogni ragazza che prova ad avvicinarsi a quello che fanno i maschi. Perché è tutta qui la differenza: una giocatrice di basket, di calcio, di tennis, di rugby, non fa quello che farebbero gli uomini. Fa quello che farebbe chiunque altro chiamato a scendere in campo in quello sport. Cosa vuol dire crescere all’ombra di alberi non più belli, ma solo più grandi…
Il valore delle parole, ma anche dei fatti
Disse bene un anno fa quella monumentale atleta di Cecilia Zandalasini, che peraltro, nel pieno della sua maturità cestistica, ha trascinato a suon di punti e rimbalzi le sue compagne verso i quarti di finale. Il suo addio alla Virtus iniziava così: «Basta allontanarsi di pochi chilometri dalle nostre Alpi per rendersi conto della rivoluzione che sta avvenendo intorno allo sport femminile, poi si vola verso gli Stati Uniti non si trova una persona che indossi la maglietta: “Everybody is watching women’s sports”».
Proprio nell’anno in cui una stella come Caitlin Clark sbancava in WNBA, moltiplicando il numero di biglietti staccati nei botteghini, nell’anno in cui oltreoceano arrivavano non una ma ben due azzurre, visto che insieme alla Zanda veniva draftata Matilde Villa dalle Atlanta Dream, chiudeva la Virtus femminile. In un paese dove viene raccontata, a volte, anche l’unghia incarnita in un determinato settore, il valore di quello che è accaduto nell’ultima settimana è davvero incredibile. “Tutti guardano lo sport femminile“, scrivono negli USA. Finalmente, negli ultimi giorni ho visto tra le mura di Basket City una piccola, minuscola rivoluzione. Tutti guardano Italbasket, e peggio per chi non lo fa, aggiungerei. Torniamo allora al punto di partenza.
Concludendo: Bologna, sei di nuovo Basket City
Basket City un anno fa metteva fine a una delle realtà sportive femminili più importanti non solo nella regione, ma anche a livello nazionale. Un anno fa, per quanto a qualcuno fosse parso un buffo esperimento, un ibrido sacrificabile, Bologna perdeva credibilità, talento, una squadra che pagava esclusivamente la colpa di non essere riuscita a portare tutto e subito, una filosofia che chi conosce bene lo sport sa che non può funzionare. La pazienza è una virtù che è necessario avere per essere persone di sport. A distanza di un anno, ho visto Bologna, anche se con la consueta timidezza che ha sempre mostrato nei confronti di questa disciplina al femminile, rispondere presente. Tornando a essere, romanticamente, Basket City.
Le Azzurre sono meravigliose, sì, ed è impossibile non affezionarti a loro nel momento stesso della palla a due. Ciò che è importante è che la piccola rivoluzione silenziosa ma assordante che è avvenuta a Bologna in questi ultimi, magici giorni, non si trasformi nel solito inutile, effimero fuoco di paglia. Ho avuto il piacere di chiacchierare poco tempo fa con Andre e Santucci, le migliori rappresentanti di Bologna che potessero esserci in questo Europeo, e ho sentito parole mature, consapevoli, ma speranzose. Bisogna ripartire, con pazienza, ricostruendo una cultura sportiva, curandola, valorizzandola. A Bologna si può e si deve fare. E allora sì che sarà Basket City.

Mariella Santucci (©B.Costantini / Ciamillo-Castoria)
Elisa Fiorini
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Sabina
23 Giugno 2025 at 11:20
Grazie hai detto tutto tu. Grazie . La cultura passa anche dallo sport. Grazie a tutte le ragazze. Una tifosa del basket femminile