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Le pagelle alla stagione della Fortitudo

La stagione della Fortitudo si chiude con più rimpianti che applausi. Un cammino altalenante, spezzato da infortuni, scelte discutibili e troppe occasioni mancate.

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Fortitudo Flats Service Bologna - Tezenis Verona (©Valentino Orsini - Fortitudo Flats Service Bologna)
Kenny Gabriel in Fortitudo Flats Service Bologna - Tezenis Verona (©Valentino Orsini - Fortitudo Flats Service Bologna)

È finita a Desio la stagione 2024-2025 della Fortitudo Flats Service Bologna. Un’annata partita con ambizioni ben più alte rispetto a dove è effettivamente finita, segnata da cambi di rotta, infortuni pesanti, momenti di entusiasmo e lunghi tratti di delusione, soprattutto quando contava davvero. Il finale contro Cantù ha certificato una distanza non solo tecnica ma anche mentale dalle migliori, lasciando l’impressione di una squadra svuotata, nel fisico e nella testa, oltre che con troppa discontinuità tra alti e bassi.

Le pagelle alla stagione della Fortitudo Flats Service Bologna

Matteo Fantinelli – Il primo, da capitano, sul banco degli imputati. Ma onestamente, cosa doveva fare di più? Se questa Fortitudo ha spesso evitato di naufragare già nei primi giri di boa, il merito è soprattutto suo. Come un novellissimo Paul Newman ha continuato a metterci la faccia, anche quando sarebbe stato più comodo voltarsi dall’altra parte. Leader silenzioso, non ha mai fatto mancare la sua regia lucida, dispensando assist a getto continuo fino a polverizzare le sue stesse medie. 8.8 a partita, miglior uomo-assist di tutta la categoria. Numeri da play da Nazionale, visto che ieri in tribuna c’era anche Poz, ma che rischiano di restare inutilmente vuoti se attorno c’è il deserto. Non si può chiedergli di segnare, costruire e difendere per tutti: è stato il direttore d’orchestra di una sinfonia spesso stonata. Faro nella nebbia. Voto 6.5.

Matteo Fantinelli crediti Fortitudo Pallacanestro

Matteo Fantinelli crediti Fortitudo Pallacanestro

Pietro Aradori – È tornato dopo l’infortunio con il passo incerto di chi ha smarrito il ritmo, ma ci ha messo poco a ricordarsi come si segna. Davanti, ha ritrovato presto il feeling con il canestro, spesso risultando l’unico a prendersi certe responsabilità nei momenti in cui le mani degli altri tremavano. Il problema è tutto dall’altra parte del campo, dove ogni azione avversaria lo ha visto quasi costantemente in affanno. Ha dato sprazzi del buon vecchio Doggy, ma troppo spesso quando la partita era già un dramma con il finale scritto. La qualità non si discute, ma la sua stagione lascia addosso quella sensazione di un’altra occasione solo parzialmente sfruttata. Voto 6.

Pietro Aradori (©Valentino Orsini)

Pietro Aradori (©Valentino Orsini)

Gli americani, capitolo uno

Kenneth Benard Gabriel, detto Kenny – Vi ricordate di Steven Davis, Marcus Thornton, e di tutta quella trafila di americani arrivati a Bologna con tantissimi buoni propositi in spalla, e altrettanto scarsi risultati? Guai a metterli sullo stesso piano, perché uno ha giocato in EuroLega, e gli altri no, ricordiamoci che questa è condizione fondamentale per essere considerati ottimi giocatori, ed essere esonerati dal giocare una pallacanestro degna di tale nome. Prima obiezione: “Ma Gabriel non è scarso, gioca in pantofole“. E allora è pure peggio. Perché non solo 1. non sei affidabile, ma 2. dimostri che, dall’alto della splendida carriera, consideri la A2 un campionato non all’altezza del tuo “livello” (e infatti, si è visto in ogni singolo duello perso con McGee, Basile, e compagnia, giusto per restare in tema). Seconda obiezione: “Non si gioca da soli” e su questo siamo tutti d’accordo. È chiaro che le colpe dell’eliminazione, che in realtà non è considerabile un fallimento, non possono essere tutte associate ad un solo giocatore, perlopiù alla prima in questa categoria. Ma se sei uno dei due americani, esportatori per natura di democrazia e sogni, un minimo devi giocare, a pallacanestro. Il perfetto rappresentante di un’annata davvero con pochi alti. Grazie, e buon proseguimento di carriera. Anzi, senza grazie. Voto: datelo voi.

Kenny Gabriel (©Valentino Orsini)

Kenny Gabriel (©Valentino Orsini)

Gli americani, capitolo 2

DeShawn Freeman – Si dice che quando ti sposi cambia tutto. I primi anni sono da luna di miele, poi l’amore affievolisce, poi sparisce del tutto. Non sempre, eh. Però ad un certo punto inizi a rimpiangere il passato della coppia e ti accorgi che forse è passato troppo tempo, forse è cambiato il partner, o forse sei cambiato tu. Ah, che bella è stata, la passata stagione. Un ottobre da favola, schiacciate, stoppate, una grinta fuori dal comune, e quelle urla lanciate in direzione Antonini in una Gara 3 ancora indimenticabile. Ma quel che rimane sono i cocci di un castello che perde pezzi, si sgretola nelle mura. Rimangono i ricordi troppo lucidi dei ferri in contropiede con la strada spianata e di tante, davvero troppe, lacune difensive. E i ricordi, quelli davvero bellissimi, invece iniziano a sbiadire. E non è giusto neanche così. Magari, se fosse iniziata la stagione subito con Caja, magari se qualcosa fosse andato diversamente. Magari. Voto 4.5.

Deshawn Freeman in Fortitudo Flats Service Bologna - Unieuro Forlì (©Valentino Orsini - Fortitudo Flats Service Bologna)

Deshawn Freeman in Fortitudo Flats Service Bologna – Unieuro Forlì (©Valentino Orsini – Fortitudo Flats Service Bologna)

Gli altri co-protagonisti

Riccardo Bolpin – Il suo è stato un contributo silenzioso ma incessante, soprattutto in fase difensiva, dove ha spesso gettato il cuore oltre la metà campo. Ma la guerra è lunga, e quando non hai ricambi in trincea, finisci per arrancare. Sul finire della stagione Bolpin appare privo di energie, e nella disfatta finale, le sue percentuali al tiro raccontano più del tabellino. Uno che ha dato tutto, ma a cui è stato chiesto troppo. Anche i più disciplinati, se mandati al fronte senza proiettili, prima o poi crollano. Voto 6.

Riccardo Bolpin (©Valentino Orsini)

Riccardo Bolpin (©Valentino Orsini)

Fabio Mian – Aveva iniziato come protagonista nella Supercoppa, facendo ben sperare. Poi, però, il film ha preso una piega troppo confusionaria. Mian è stato spesso il tiratore designato, ma il suo rendimento è rimasto sulle montagne russe: ha alternato serate da cecchino a prestazioni in cui il ferro sembrava respingere ogni suo tentativo. Troppo incostante per essere il riferimento di cui la squadra aveva bisogno. Voto 5. 

Fabio Mian della Fortitudo Bologna crediti Leric Taboboca

Fabio Mian della Fortitudo Bologna crediti Leric Taboboca

La panchina

Alessandro Panni – Un tempo pedina importante nelle rotazioni, ha finito per diventare un ricordo sbiadito nello spartito di Caja. Qualche lampo da metà campo, quasi più da highlights che da reale contributo, non basta a nascondere una stagione in chiaroscuro. Panni si è lentamente e inesorabilmente eclissato, come un personaggio secondario che nella sceneggiatura iniziale aveva battute e spessore, ma poi finisce tagliato in fase di montaggio. In difesa paga pegno a limiti strutturali evidenti, e nelle fasi cruciali della stagione non si trasforma nel salvatore atteso. Né supereroe, né villain. Voto 4.

Alessandro Panni (©Fortitudo Flats Service Bologna)

Alessandro Panni (©Fortitudo Flats Service Bologna)

Leonardo Battistini – In una stagione lunga e travagliata, il suo contributo è stato ai margini, più citato in assenza (tra i “NE” di troppe partite) che per impatto reale sul parquet. Non per demeriti evidenti, quanto per una costante invisibilità. Nessuna scena madre, nessun monologo memorabile: il copione gli ha lasciato poche battute, e in quelle rare occasioni non ha trovato modo di lasciare il segno. Voto 3.

Leonardo Battisitini della Fortitudo Bologna durante l'allenamento a porte aperte

Leonardo Battistini – Crediti Fortitudo Pallacanestro Bologna 103

Leo Menalo – Apparizioni sporadiche, e in ognuna di queste è sembrato più un’ombra timida che un vero contributo. Coach Caja, evidentemente insoddisfatto, lo ha progressivamente estromesso dal campo, fino a farlo sparire quasi del tutto dal campo. Una stagione in cui non è mai riuscito a trovare la sua voce, lasciando la Fossa a chiedersi quale potenziale sarebbe potuto emergere, se solo gli fosse stata concessa qualche chance in più. Voto 4.

Leo Menalo (© Valentino Orsini - Fortitudo Flats Service Bologna)

Leo Menalo (© Valentino Orsini – Fortitudo Flats Service Bologna)

Protagonisti inaspettati

Marco Cusin – Costretto agli straordinari da una stagione che ha chiesto troppo a chi doveva dare solo esperienza e minuti controllati, Marco Cusin ha fatto quel che poteva con il motore che aveva. Non era previsto che dovesse tenere la baracca sotto canestro così a lungo, e il fatto che ci sia riuscito, almeno in parte, merita soltanto elogi. Però, alla lunga, l’anagrafe ha presentato il conto: non basta la sapienza tattica se le gambe non girano più come una volta. Voto 6. 

Marco Cusin e Deshawn Freeman crediti Fortitudo Pallacanestro Bologna 103

Marco Cusin e Deshawn Freeman crediti Fortitudo Pallacanestro Bologna 103

Luca Vencato – Doveva essere un sostituto momentaneo e forse, è stato il migliore sulla piazza tra quelli a disposizione. A lungo è rimasto un protagonista silenzioso, intrappolato tra voglia di fare e limiti, infortuni e altro, inevitabili. Nonostante tutto, non ha mai smesso di provarci, e per una volta si può dire che forse anche Gara 5 sarebbe potuta essere gestita diversamente, con lui. Voto 6. 

Luca Vencato (©Valentino Orsini)

Luca Vencato (©Valentino Orsini)

Gli addii

Nicola Giordano – Ha finalmente trovato in Serie B un terreno dove sentirsi a suo agio, dimostrando di poter essere una pedina utile e concreta. Tuttavia, rimane quel dubbio amaro che accompagna le storie incompiute: forse sarebbe bastato concedergli più tempo e fiducia, specialmente dopo l’arrivo di Caja, per far emergere un potenziale finora solo sfiorato. Voto 5. 

Donte Thomas – Arrivato con il ruolo di gregario, chiamato a dare respiro e sostanza per la momentanea assenza di Gabriel, Thomas ha invece tradito le aspettative, offrendo una prestazione che si è rivelata poco più di una breve parentesi da dimenticare. Con poche armi a disposizione e un impatto sul campo minimo, non si è rivelato capace di lasciare una traccia significativa nella trama della squadra. Voto 4.

I senza voto

Gherardo Sabatini – Una comparsa che avrebbe potuto diventare coprotagonista, ma che il destino ha costretto dietro le quinte troppo presto. Inizia con piglio deciso, mostrando lampi di regia e voglia di incidere, ma dopo poche apparizioni è il fisico a bussare alla porta, chiedendo una lunga pausa. Da lì in avanti, il suo nome resta in fondo al copione, tra gli asterischi e le postille. Nove partite vere, poi solo un cameo simbolico in Gara 5, come una vecchia pellicola riavvolta per nostalgia. Non giudicabile, certo, ma nemmeno trasparente: il suo avvio prometteva qualcosa che purtroppo non ha avuto tempo né modo di mantenere. Senza voto. 

Matteo Costoli – Senza voto. 

Federico Ferrucci Morandi – Senza voto. 

Lorenzo Bonfiglioli – Senza voto. 

Nicolò Braccio – Senza voto. 

Il Coach

Coach Attilio Caja – Nessun miracolo all’orizzonte, e nessuno ne chiedeva, ma ordine, disciplina e difesa sono tornate a essere almeno un punto fermo. La Fortitudo con lui ha smesso di deragliare, ma non è mai riuscita davvero a decollare. Ha fatto il massimo con un cast incompleto e spesso acciaccato, restituendo dignità a una stagione nata storta. Più traghettatore che architetto, ma con le mani ben salde sul timone. Vedremo cosa riserverà il futuro. Che sarà, sarà. 

Attilio Caja © Fortitudo Bologna Pallacanestro 103

Attilio Caja © Fortitudo Bologna Pallacanestro 103

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