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Il Punto sul Bologna – Fuoco amico

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Dopo novanta minuti (di 3.420 disponibili), il Bologna è retrocesso insieme a Inter e Lazio. Questa è l’istantanea che emerge, classifica alla mano. Una classifica novella sulla quale si possono ancora trovare le ossidazioni di malcontenti e malumori delle stagioni precedenti. Tutto sta a capire, di quanto malumore e di quante stagioni precedenti si dovrebbe parlare. Ma non importa. Perché, in fin dei conti, il calcio e (per noi) il Bologna è spesso solo il contenitore di soddisfazioni o insoddisfazioni del nostro vivere quotidiano. Dunque, i commenti d’impeto (positivi o negativi che siano) passano senza lasciare peso.
Ma se i commenti, pur passando le stagioni, rimangono più o meno inalterati (con i soliti “nemici” già messi nel mirino o senza aver mai smesso di farlo), ritengo più congruo rilevare eventuali novità rispetto al passato. Pippo Inzaghi non è un taumaturgo né un santone; un allenatore capace e con margini di crescita, quello sì. E di pari passo, ci si augura che la crescita cammini parallelamente alla squadra.
Come detto, le novità. Anche se i rossoblù non sono riusciti a mettere in pratica completamente il nuovo metodo proposto (e con “metodo” si intenda una serie di fattori che vanno dall’approccio alla gara all’applicazione della tattica e via dicendo), qualcosa di interessante si è visto, contro la Polisportiva Ars et Labor. Innanzitutto, una forma di pressione sugli avversari che col tempo (quando la preparazione estiva avrà completato gli effetti sulle gambe) potrebbe diventare un’arma efficace per creare difficoltà di manovra agli avversari. Anche perché (altra novità), a difesa schierata il Bologna è parso più solido di recenti manifestazioni. Il gol subito da venticinque metri ne è riprova e le tre occasioni subite in area sono state efficacemente disinnescate; in tal senso, gli innesti di Skorupski e Danilo, possono tranquillamente essere considerati determinanti. Il portiere è sembrato reattivo da subito e la parata sulla botta improvvisa di Petagna è stato un segnale evidente. Così come evidente ed efficace è stato lo svolgimento del ruolo da parte del nuovo centrale difensivo, capace (deo gratias) anche di appoggiare (a corto e a lungo) i compagni, senza dover rischiare infarti sugli spalti come capitava l’anno scorso.
Ma se interessanti possiamo considerare anche i nuovi esterni Mattiello e Dijks (l’impressione è che più avanti ci potrebbero togliere degne soddisfazioni), la distribuzione dei palloni è sembrata più difficoltosa. Il ruolo di centromediano (fulcro di gran parte della tattica “inzaghiana”) non è stato svolto al meglio, prima da Pulgar e poi da Nagy. Ma anche i due interni a supporto (il fresco capitano Dzemaili e Poli), hanno parzialmente “sparametrato” le misure di offesa (un po’ meglio nella copertura) rendendo inefficaci le avanzate bolognesi.
Per ciò che concerne l’attacco, infine, abbiamo visto tre dei quattro papabili per i due ruoli utilizzati. Santander (il più “pesante”) è sembrato un po’ in difficoltà perché spesso si pestava i piedi con Palacio anziché creargli spazio. Tuttavia, come attenuante c’è da considerare la poco efficace distribuzione del pallone di cui si diceva dianzi; in questi casi, l’attacco ne diventa spesso vittima. Da una tale situazione, per uscirne indenni avremmo dovuto fruire di un colpo estemporaneo d’arte o di “culo” (termine poco tecnico ma rapidamente esplicativo): la parata di Gomis nel primo tempo su Palacio e il palo colto da Helander sul finire, hanno disinnescato queste possibilità. E l’entrata di Falcinelli non ha aggiunto molto allo stato delle cose.
In conclusione, materiale su cui potere e dover lavorare c’è e, al momento, non sembra opportuno stracciarsi le vesti e pensare a catastrofi imminenti (il campionato chiude il 26 maggio, tra nove mesi e altre 37 partite). L’unico dubbio può nascere sull’interpretazione dello slogan “fire and desire” che qualcuno ha inteso applicare col senso di “friendly fire”, fuoco amico. Un fuoco che non ti aspetti e che spesso arriva alle spalle.

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