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I destini incrociati di Imola ’89

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Imola. Ancora una volta protagonista di tanti destini. Lo sarà spesso, nelle stagioni a venire. Da nove anni l’autodromo Dino Ferrari, per la prima volta con la denominazione “Enzo” dopo la scomparsa del Drake l’anno precedente, era diventata una presenza sempre più ruspante in calendario. Sarebbe stata crocevia di tante cose ancora, come in quel fine settimana dell’aprile 1989 in una nuova edizione del GP di San Marino. I personaggi della storia sono due amici e due nemici. Tre nomi: Gherard, Ayrton e Alain. Dei cognomi, non c’è bisogno.

Cosa fosse lmola, cosa sarebbe stata e come si sarebbe trasformata, lo capimmo anche quella domenica, alle porte della festa della Liberazione. Per gli appassionati di motorsport la primavera fioriva là, tra le colline e il verde accompagnata nell’aria dal rombo dei motori. Qualifiche del sabato: Senna, Prost, Mansell, Patrese nell’ordine. Ben trentanove le vetture iscritte: saranno 26 quelle a schierarsi in griglia. Elenco degli esclusi nelle romantiche prequalifiche? Gachot, Johansson, Ghinzani, Suzuki e via dicendo. Era la seconda stagione di convivenza tra il brasiliano e il francese alla McLaren, con Alain convinto di aver di fianco una seconda guida e il paulista che non ne voleva sapere, vincendo subito. Ecco i nemici, Alain e Ayrton.

Al semaforo verde, con 58 giri davanti da percorrere, le posizioni restano invariate con Senna che guida il gruppo. Poi però, al terzo giro, accadde qualcosa. Ossia la storia di Gherard, inteso come Berger, arrivato alla Ferrari che mollerà e riprenderà in due riprese, così come farà con la McLaren. I due amici invece sono loro, lui e Senna, che con la casa di Ron Dennis vivranno stagioni diametralmente opposte in pista ma tremendamente vicine fuori. Complicità, amicizia vera e una guerra di scherzi, come quando l’austriaco sparse nella stanza del brasiliano decine di rane vive o gli riempì le scarpe di schiuma da barba. Al terzo giro, il pilone che regge l’ala anteriore della 640 di Berger si stacca e l’austriaco fila dritto. Sbatte e rimbalza, come una trottola impazzita, arrestandosi pochi metri più in là. E in un attimo è immerso nelle fiamme.

Cesare Fiorio raccontò così quei convulsi istanti: «Dalla bandiera rossa per l’incidente di Berger alla ripartenza della gara passarono 20 minuti. I primi dieci minuti li spesi per andare all’ospedale del circuito a vedere come stava il pilota. Resomi conto che Gerhard se l’era cavata relativamente bene (riportò alcune ustioni alle braccia ma nessuna frattura ndr), tornai al box Ferrari. Durante quel tragitto continuavo a interrogarmi sul da farsi. Non conoscendo la causa dell’incidente di Berger, dovevo fare partire Mansell (che nel frattempo si era schierato in griglia con gli altri piloti ndr) oppure per sicurezza sarebbe stato meglio farlo fermare? Trovai John Barnard e gli chiesi: ‘Secondo te Berger ha avuto un problema alla macchina o è stato un suo errore?’  Barnard mi rispose ‘Te lo saprò dire domani, quando la macchina rientrerà a Maranello e potrò darci un’occhiata’. Io gli risposi ‘Ma io devo saperlo adesso!’».

L’indomani si scoprì il guaio, che sarebbe dunque potuto accadere anche sull’altra Ferrari, quella di Mansell. Domenico Sanito, uno dei tre medici a bordo della auto di soccorso intervenuta sul posto, spiegò: «Berger smanacciava come un epilettico. Per tenere fermo il braccio ho dovuto metterci sopra un ginocchio. Meno male che ha preso fuoco l’olio e non la benzina, altrimenti sarebbe stato molto difficile per i volontari CEA spegnere l’incendio…». I “leoni” erano intervenuti in non più di dodici secondi.

Alla ripartenza, il tacito accordo tra i due nemici di cui sopra era di non variare le posizioni. Pronti, via e Prost è più scaltro del compagno, che alla Tosa lo riprende e lo supera. Apriti cielo. Senna stravince in solitudine, anche perché il francese commette un errore girandosi e perdendo ulteriore tempo. “Non sono stati rispettati gli accordi”, tuona Prost a fine gara. Ron Dennis, serafico, non concorda: “Non c’erano ordini di squadra, come al solito. Anzi, c’è grande soddisfazione per aver realizzato una accoppiata vincente che ci porta 15 punti nel Mondiale”. Prost partecipa alla cerimonia del podio senza nemmeno sfiorare il compagno di squadra, ma non si presenta alla conferenza stampa post gara. Verrà per questo multato dalla Federazione

Nulla furono quegli screzi in confronto a ciò che accadde a fine anno. Suzuka ’89 è una pagina storica dell’intero automobilismo. Senna vinse anche quella domenica, ma fu squalificato e la vittoria andò a Nannini, terzo classificato quel giorno a Imola. E al Tamburello, dove si era stampata la Ferrari di Berger, cinque anni dopo sarà la volta di Ayrton. Imola, la grande tessitrice dei destini della Formula 1.

Il secondo via del Gran Premio di San Marino 1989 con l’episodio che darà il via alla guerra sportiva tra Senna e Prost (Conquerer13 su YouTube)

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