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Pop&Sports – L’eco-sostenibilità nel Calcio: che impatto ha sull’ambiente?

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Grazie all’intervento della giovane Greta Thunberg, sostenibilità e ambiente sono due argomenti che negli ultimi anni sono diventati oggetto di attenzione e cronaca nella nostra vita quotidiana.
Chi fa parte della nostra quotidianità è il Calcio. Ma come può questo sport far parte del problema ambientale?

E’ un dato di fatto: il Calcio inquina
In un articolo di Daniela De Lorenzo, di Wired, si parla di come il calcio abbia un grande impatto sull’ecosistema locale e globale, anche se, ad oggi, non si ha ancora un dato preciso della sua impronta ecologica. Però, mettiamo insieme i fatti: tra l’illuminazione del campo, irrigazione, tifosi, trasferte e welfare dei giocatori, un club, con il suo stadio, ha un grosso impatto sulla natura.
La Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa si è occupata di indagare, nel 2019, sui processi di smaltimento dei rifiuti e dell’utilizzo energetico di sette impianti in Europa. La raccolta dati ha portato a interessanti scoperte a riguardo dei consumi e sprechi negli stadi italiani: tra gli altri, i ricercatori si sono interessati del Ferraris di Genova, dell’Olimpico di Roma e del Mapei di Reggio Emilia. Gli studi hanno riportato che, in un anno, uno stadio della massima serie può consumare fino a 8 milioni di chilowattora di elettricità (l’equivalente dell’uso energetico di 2500 famiglie) e 100mila metri cubi di acqua. 
Un altro studio, pubblicato nel Regno Unito, ha inoltre stimato che in media una partita di calcio in Europa genera da 1,82 a 6,81 kg di rifiuti per spettatore, per un totale di 750mila tonnellate all’anno.
Certo, il Coronavirus ha abbattuto questi dati, ma nulla toglie che a emergenza sanitaria finita si presenti di nuovo il problema ambientale.

Quali sono i provvedimenti da parte delle federazioni?
Già nel 2013 la Fifa aveva sviluppato dei provvedimenti, chiamati Green Goals, per l’organizzazione e la pianificazione di eventi sportivi più “verdi”. Patrick Gasser, direttore della Responsabilità sociale della Uefa, con la consapevolezza della crisi ambientale in cui ci troviamo, ha affermato che l’organizzazione del calcio europeo deve tentare di “fare leva sull’ottica della sostenibilità”. Nei criteri di valutazione delle candidature per l’organizzazione di eventi sportivi dell’Uefa, come la Champions ed Europa League, vigono dei criteri di sostenibilità per favorire la messa in atto di eventi con il più basso impatto ambientale possibile. 
Prendiamo come esempio il Mondiale Qatar 2022. Partendo dal presupposto che ha una grande possibilità economica per rendere l’evento il più ecosostenibile possibile, il Qatar dovrà fare i conti con il caldo torrido e l’aumento di turisti per l’evento. Allora perché la Fifa ha scelto proprio questo paese “ostile” per i Mondiali? Il Qatar, che ha fatto i soldi con la vendita del petrolio, sta investendo nella energia rinnovabile come futura fonte di guadagno. La costruzione di 9 stadi su 12 tutti nuovi ed eco-sostenibili, usando l’energia rinnovabile e insieme alla campagnia di riciclo, è stata la carta vincente che ha fatto sì che il Qatar fosse stata scelta per un’evento di questa portata, tenendo fermi i principi ambientali della Federazione.
Tuttavia, sembra che questi criteri non siano determinanti, come al contrario la Uefa e la Fifa vogliono fare credere: per i Mondiali femminili del 2019 l’Italia era stato l’unico Paese a proporre un Mondiale a impatto zero, ma la Fifa ha ritenuto comunque di dare l’ “appalto” alla vicina Francia.
Anche la Figc sta promuovendo l’eco-sostenibilità e ha fatto da portavoce per molte squadre e strutture del territorio italiano. Cristina Blasetti, Social Responsability Manager della Figc ha dichiarato su Wired: “cinque anni fa il problema principale era l’accessibilità allo stadio, nell’ultimo periodo è stata la questione dell’inclusione sociale e la lotta alla xenofobia; adesso il mondo del calcio ha iniziato a comprendere il valore di includere la questione ambientale tra le sue priorità”.

Come può uno Stadio essere più eco-sostenibile?
In un’intervista di Will_ita, condotta da Alessandro Tommasi, l’ex centrocampista rossonero dell’epoca Capello, Demetrio Albertini, ha elencato tre canoni per poter definire uno stadio ecosostenibile: 

  1. riduzione dei consumi di acqua ed energia. Il recupero dell’acqua piovana per irrigare l’acqua è l’esempio più classico a cui, ormai, tutti gli stadi importanti si attengono;
  2. secondo, la riduzione delle emissioni di co2, con sistemi di illuminazione alternativi e l’utilizzo di energie alternative, come quella solare, quella eolica;
  3. terzo, il riciclo dei rifiuti. Con l’aumento dei servizi, la gente allo stadio e il tempo che si trascorre allo stadio durante questi eventi (intere settimane), è molto importante il riciclo per ridurre al minimo le emissioni di co2.

Ci sono già dei case history molto importanti in giro per il mondo, come il World Stadium di Taiwan, il Levi’s Stadium a San Francisco e il Marcedes Benz di Atlanta, che hanno ridotto i consumi più al minimo della media. In Europa troviamo la Johan Cruiff Arena di Amsterdam, inaugurata nel ’96, che è stato rimodernato con la copertura di 4200 pannelli fotovoltaici, dando la possibilità dell’illuminazione e di tutta la parte energetica, ma addirittura fornisce energia a tutto il quartiere, oltre all’uso della raccolta dell’acqua piovana per irrigare il campo.
Il problema degli stadi in Italia, oggettivamente, è che non sono solo vecchi, con una media di circa 63 anni di età, ma che solo il 7% di questi stadi sono di proprietà dei club e quindi rinnovarli diventa difficile. Le amministrazioni del territorio hanno difficoltà a mettere nei loro piani di investimento anche il rifacimento di uno stadio. Comunque, non mancano gli esempi di eco-sostenibilità italiani, come l’Allianz Arena, a Torino, della Juventus e la Dacia Arena, a Udine, dell’Udinese, dove dimostrano di avere consumi ridotti rispetto alle altre società.  

E i Club?
Come negli stadi, anche le stesse squadre possono decidere di adottare delle politiche interne più eco-attive, anche e soprattutto per sensibilizzare il loro bacino d’utenza: i tifosi. Il 42,7 % della popolazione mondiale si interessa al calcio: per esempio, gli ultimi Mondiali di calcio maschile sono stati visti da oltre 3,5 miliardi di persone. Con questi numeri, il calcio è uno dei più grandi opinion maker a livello sociale e i calciatori, come le squadre, hanno un vasto potere di influenza sui loro tifosi. Tra le azioni eco-friendly più recenti c’è quella del Cagliari calcio, che ha lanciato un’iniziativa per bandire la plastica durante le sue partite. Così anche la Roma, che per il Derby di gennaio 2020 aveva deciso di impegnarsi, a fianco dei suoi tifosi, nella mobilità sostenibile con un progetto nato in collaborazione con agenzie di trasporto pubblico, che fornirono una serie di soluzioni Green per facilitare gli spostamenti e cercare di ridurre l’inquinamento causato dalle automobili. 
Assieme ai club chio può abbracciare l’ambiente sono anche gli sponsor, con l’utilizzo di slogan ed eventi “evergreen” e la creazione, per gli sponsor tecnici, di materiale sportivo dal materiale riciclato.

Il caso Forest Green Rovers.

Come abbiamo ben capito, quindi, il futuro del calcio sarà sempre più nel segno della sostenibilità ambientale. Il caso del Forest Green Rovers FC (squadra militante nella lega dilettanti inglese) diventerà il primo caso esemplare di ecosostenibilità negli stati, per un impatto zero sull’ambiente. Come? L’Eco Park, progetto irmato dall’archistar  Zaha Hadid, sarà il primo impianto al mondo realizzato con materiali in legno.
Oltre lo stadio, intorno ad esso è prevista la costruzione di una nuova pista ciclabile, di un parcheggio da quasi 2mila posti auto e l’installazione di nuove strutture sportive da mettere a disposizione della comunità, tra cui due campi da calcio. Sarà inoltre eseguito un ampliamento delle aree verdi circostanti la struttura, con la messa a dimora di circa 500 nuovi alberi e 2 chilometri di siepi.
Ma come può una squadra della lega dilettanti inglese permettersi un progetto così rivoluzionario?Seppur in presenza di un budget importante (l’investimento sarà superiore ai 100 milioni di euro), la proprietà sta riuscendo ad attrarre investitori istituzionali, sponsor e semplici football fans dal grande portafoglio.
Il successo del progetto britannico è nella sua specificità: come spiegato sopra è il primo stadio al mondo realizzato interamente con materiali in legno. Quest’ultimo aspetto ha generato un’attenzione superiore alle attese. L’eco della notizia infatti è andata oltre i confini territoriali del Gloucestershire. Gli investitori puntano a legare la propria immagine ad un’iniziativa speciale e dal fascino “green” (lanciata in modo “pioneristico” da un piccolo club UK). La prima di questo genere nel calcio internazionale, con riconoscimenti ufficiali arrivati da parte di UEFA e FIFA.

Noi tutti non vediamo l’ora di tornare allo stadio a tifare la propria squadra, ma il desiderio più grande è quello di tornare cercando di avere un minor impatto possibile sull’ambiente: la nostra casa.

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