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Renata Nosetto: «Il riconoscimento più grande è il valore che è stato dato al mio lavoro. Enzo Ferrari? Amava le persone fedeli come mio marito

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Renata Nosetto


Renata Nosetto, moglie di Roberto Nosetto, ha vissuto una vita piena di emozioni e adrenalina accanto al marito. La Formula 1, la Ferrari, l’Autodromo di Imola, le moto e poi la libertà dalla routine motoristica. Un’esistenza piena di momenti di gioia, ma anche momenti terribili, che hanno fortificato Renata e Roberto, unendoli ancora di più in un legame sentimentale indissolubile.

Far diventare L’Autodromo Enzo e Dino Ferrari di Imola una pista di notorietà mondiale, che sfida ha rappresentato per lei e suo marito?

«Prima di parlare di Imola, dobbiamo fare un passo indietro. Io ho conosciuto mio marito a 16 anni e da lì abbiamo iniziato la nostra vita insieme. Lui aveva un sogno: lavorare per Ferrari. Per questo si è laureato in ingegneria e poi ha seguito il suo percorso per arrivare a Maranello il prima possibile. Dopo i suoi anni con la Rossa, il Drake decise di mandarlo a Imola per cercare di organizzare un Gran Premio di Formula 1. Erano già molti anni che le istituzioni territoriali, tra cui Luciano Conti (ex presidente dell’ACI Bologna, ndr), avrebbero voluto organizzare un GP presso il Circuito del Santerno, ma non era ancora successo. Roberto era stato incaricato come Direttore dell’Autodromo, ma quando arrivammo lì, ci rendemmo conto che non c’era personale e non c’erano soldi. Lì avvenne il mio coinvolgimento. Iniziai a dargli una mano come segretaria, per aiutarlo e da quello momento è iniziata la mia avventura nel mondo dei motori, fino al ruolo di capo ufficio stampa della F1, poi con Dorna in MotoGP e anche in SBK»

Fu complicato gestire il vostro rapporto negli ambienti lavorativi?

«Io e Roberto per il nostro lavoro abbiamo fatto delle scelte importanti e difficili. Abbiamo deciso di non avere figli e di lasciare le nostre case insieme alle nostre famiglie. Scelte pesanti, che erano focalizzate su di noi e sulla nostra carriera. Sicuramente lavorare come marito e moglie non è mai facile. Io lui l’ho sempre riconosciuto come il capo, se c’era qualcuno da sgridare quando le cose non andavano bene la prima ero io, però ho sempre fatto il mio dovere e forse anche per questo nessuno mi ha mai riconosciuto solo come “la moglie di Roberto Nosetto”».

Secondo lei perché Enzo Ferrari si fidava così tanto di suo marito?

«In primis Ferrari era un uomo solo. Roberto ha nutrito per lui un amore, come se fosse stato suo padre e questo il Drake lo ha percepito. Enzo non era l’uomo duro che tutti descrivevano, certo in alcune occasioni si; molti ingegneri, quando arrivavano in fabbrica, si trovavano lo scatolone con tutti i loro averi e la liquidazione in portineria. Segnale inequivocabile che dovevano andarsene. Gilles Villeneuve ne sa qualcosa della fermezza che ha sempre contraddistinto la persona di Enzo Ferrari. Roberto si prese tante colpe per situazioni in cui lui non ne aveva, soprattutto con la storia di Lauda, però non si è mai lamentato e questo ha sempre colpito Ferrari. Se lui capiva che gli volevi bene e gli eri fedele allora stravedeva per te. La fedeltà era fondamentale. Il patron della Scuderia di Maranello pretendeva tanto, ma poi era capace anche di restituire tutto ciò che gli veniva dato».

Lei e Roberto avete lavorato anche per Bernie Ecclestone, altra figura di rilievo nel mondo dei motori. L’ex patron della Formula 1 e il fondatore della Ferrari possono essere messi a confronto secondo lei?

«Loro due si assomigliavano molto. Hanno litigato tutta la vita e quasi sempre aveva ragione Ferrari, ma tra loro c’era grandissimo rispetto. Noi abbiamo lavorato per Ecclestone tre anni come promotori a Spa-Francorchamps e a Phoenix in Arizona, per il Gran Premio degli Stati Uniti. Si distinguevano in ambito lavorativo per le modalità e le tempistiche. Con Ecclestone eri sempre con l’acqua alla gola nelle scadenze, mentre Ferrari aveva dei programmi e quelli si rispettavano alla lettera. Ho conservato dei diari in cui i tempi della giornata erano scanditi perfettamente, mentre Bernie non dava indicazioni; ti diceva cosa fare, poi arrivava lui e magari cambiava tutti i piani. Senza dire niente. Alla fine però come carattere erano molto simili e per questo si rispettavano tantissimo».

Lei ha lavorato nella Comunicazione del Motorsport, come press officer di F1, SBK e MotoGP. Come pensa che sia cambiato il ruolo delle donne all’interno del mondo delle corse?

«È cambiato molto perché ai miei tempi ero un’eccezione. Quando ho iniziato io, il ruolo della donna nel motorsport era molto limitato. La figura femminile era associata alle ombrelline o alle ragazze della Marlboro, insomma ragazze immagine. Anche nelle squadre la comunicazione era gestita da uomini. Oggi questa visione sta cambiando e se una ragazza ha veramente passione riesce ad arrivare e avere successo anche in ruoli diversi, come meccanico o ingegnere».

Renata Nosetto e suo marito Roberto dopo aver provato l’esperienza del sidecar il 29 settembre 2001 – credits to Renata Nosetto

Il suo primo libro “Giù la visiera e piede a tavoletta. La vita di Roberto Nosetto, il sogno Ferrari, la Formula 1 e il cammino verso il destino” ha riscosso molto successo. Nella conferenza di presentazione dell’opera, durante l’Historic Minardi Day, ha detto che scrivere le è piaciuto talmente tanto che presto uscirà il secondo. Ci può dare qualche anticipazione?

«Il mio secondo libro non parlerà di corse, bensì del periodo della mia vita lontano dal mondo dei motori, quando abbiamo deciso di allontanarcene, perché non faceva più per noi. Dopo aver smesso di lavorare mi mancava la scrittura, per questo ho deciso di scrivere il mio primo libro, che racconta la nostra vita insieme nel motorsport. Non solo, scrivevo anche delle newsletter, come un diario, che ora ho ritrovato e raccolto.  Le protagoniste saranno le storie di vita che ho vissuto, una volta uscita dalle scene motoristiche. In pratica il libro sarà il proseguo della mia vita senza Roberto. Mi hanno detto che è divertente (ride, ndr)».

Per concludere, che parola userebbe per descrivere il vostro viaggio nel motorsport?

«Usare solo una parola è difficile. Dire meraviglioso è riduttivo; direi che è stato superiore alle nostre aspettative. Neanche i momenti brutti sono stati una delusione e aggiungo che se tornassi indietro rifarei esattamente tutto ciò che ho fatto».

Roberto Nosetto insieme a Jean Alesi, pilota Ferrari – credits to Renata Nosetto

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