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Calcio

Racconti Mondiali – Contro ogni aspettativa, Papa Bouba Diop (3/3)

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Il 31 maggio 2002, alle ore 20:30 locali, si apre ufficialmente la diciassettesima edizione della Coppa del Mondo, la prima del nuovo millennio, la prima a tenersi in un continente asiatico. Come accennato, a fronteggiare il Senegal c’è niente po’ po’ di meno che la Francia, corazzata tra le corazzate europee, campione nell’ultimo mondiale (ospitato in casa) e vincente anche a livello europeo due anni prima, nel segno del golden goal di Trezeguet, nonché detentrice anche dell’ultima Confederations Cup.

La squadra allenata da Roger Lemerre, succeduto a Jacquet immediatamente dopo il mondiale vinto, mantiene l’ossatura degli ultimi anni, pur cominciando a denunciare un’età media abbastanza alta. Il tecnico francese sceglie infatti di lasciare a casa i giovani dell’under 21, considerati tra i più promettenti a livello mondiale, e i pochi portati vengono relegati poco più al ruolo di comprimari. La stampa nazionale criticherà poi aspramente questa scelta, preludio all’esonero di Lemerre, ma ciò non basterà a salvare la nazionale dei galletti da una prematura eliminazione ai gironi.

Nello specifico, la sera del 30 maggio, la Francia si schiera con Barthez; Thuram, Leboeuf, Desailly, Lizarazu; Vieira, Petit; Wiltord (35’st D. Cissè), Djorkaeff (15’st Dugarry), Henry; Trezeguet.

Non c’è Zidane, che il caso ha voluto vedere infortunarsi nell’ultima amichevole pre-Mondiale, giocata proprio contro la Corea del Sud. Il campione del Real riporta uno stiramento alla coscia sinistra che lo costringe a saltare le prime due partite, e il suo rientro comunque non basterà a cambiare le sorti dei suoi compagni. Ad ogni modo, tra gli altri, per i francesi in panchina figura gente del calibro di Candela, Makelele, Boghossian e Sagnol. La sera prima in casa bleus si va a letto presto, si ripassano le tattiche, si ragiona sui (forse non troppi) punti di forza previsti nella rosa senegalese.

Nella sponda avversa, invece, il clima sembra completamente differente. L’enfant terrible Diouf confesserà di esser andato a dormire alle 4 del mattino, sostenendo che semplicemente non aveva sonno. A parziale discolpa del giocatore, l’ambiente costruito da Metsu nell’Hotel Hilton di Seul (dove alloggiano i giovani calciatori africani) non è dei più propedeutici alla tranquillità. Anzi, assomiglia più a quello di una festa continua, in cui i tifosi preparano da mangiare e suonano tamburi tesi ad innescare balli tribali. Si vive in un ambiente unico, assieme a giornalisti e ai ragazzi del personale sanitario, e si va a dormire non prima delle due, a “torneo di braccio di ferro” concluso. Ad unire tutti un unico motto, semplice ma diretto: “thia kaname!”, cioè “avanti”.

Il Senegal, quindi, scende in campo con Sylva; Coly, Malik Diop, Diatta, Daf; Mo. Ndiaye, A. Cissè, Diao, Bouba Diop, Fadiga; Diouf. In panchina: Diallo, Sarr, Ndour, H. Camara, Traore, S. Camara, Faye, Thiaw, N. Ndiaye, Beye, M. Ndiaye.

Ben ventuno sui ventitré convocati giocano in Ligue 1, campionato invece paradossalmente sconosciuto ai francesi, che nella rosa dei titolari risultano tutti impiegati all’estero ad eccezione di Leboeuf. Soprattutto nel Lens vi è densità di nazionali africani: Sarr, Diouf, Coly e Bouba Diop militano tutti lì, nella squadra che ha conteso il titolo al Lione sino al finire del torneo.

La partita non è bella, né la più bella giocata dal Senegal nel mondiale. La Francia sembra controllare il gioco, con i leoni che provano a puntare tutto sulla fisicità subendo però la manovra transalpina. Al 5’ minuto uno squillo di Diouf sulla destra sembra tuttavia dare l’idea che, se messi in condizione, anche i ragazzi di Metsu possono far male, e al 16’ è ancora Diouf dopo una grande azione ad essere pescato di poco in fuorigioco. Al 22’, un nuovo campanello d’allarme per i francesi: il destro di Trezeguet, liberato dopo un bel dialogo con Henry, si stampa clamorosamente sul palo, a Sylva battuto.

Dieci minuti più tardi, arriva l’impronosticabile vantaggio senegalese. Ancora Diouf scappa via a Leboeuf, questa volta sulla sinistra, e mette al centro dove Bouba Diop si trova in un improbabile gioco di rimpalli che coinvolge anche Petit e Barthez. Quasi da sdraiato, l’enorme centrocampista del Lens deve solo spingere il pallone in rete per poi dedicarsi ai festeggiamenti, ovviamente tutt’altro che tradizionali. Diop chiama a raccolta i compagni verso la bandierina, si toglie la maglia, la stende a terra, e senza scomporsi minimamente ordina a tutti dove posizionarsi per dar vita ad una danza che circonda l’oggetto sacro. Mentre il tifo sugli spalti esplode, i leoni si muovono simultaneamente, come fossero un corpo unico. Inevitabilmente, il pensiero qui non può che andare al vuoto lasciato nei ragazzi del 2002 proprio da Diop, scomparso due anni fa a causa delle complicazioni della SLA di cui era affetto.

Tornando al campo, prevedibilmente è la Francia che torna a spingere, ma almeno nel primo tempo la retroguardia senegalese non soffre particolari affanni. Nella ripresa, i ragazzi di Lemerre entrano con un piglio diverso, e arrivano dalle parti di Sylla con maggiore assiduità: un Henry fino a quel momento sugli scudi sbaglia un colpo di testa troppo semplice per lui intorno al 10’, e Trezeguet sfiora il pareggio solo un minuto più tardi.

Al 20’ un grande intervento di Barthez sventa una missile di Fadiga, ma pochi secondi dopo è nuovamente la Francia a rendersi pericolosa con Henry, che con una delle sue conclusioni colpisce la traversa. Metsu decide di non cambiare nessuno, mentre il forcing finale dei bleus non cambia il risultato.

Tutto lo staff esplode e invade il campo, mentre poco più su, sulle tribune, migliaia di ragazzi africani in lacrime si abbracciano increduli. Nella grande piazza di Dakar dove è stato installato un enorme maxischermo per seguire la partita può finalmente esplodere la festa: si narra si stiano cucinando e mangiando galli, in onore dei francesi.

Metsu dichiara: “Questa sera sono il simbolo di tutti gli allenatori che non hanno avuto fortuna, quelli che non hanno mai la grande occasione. Io l’ho avuta e mi è andata bene. Sì, ho avuto altri momenti belli nella mia carriera, ma questo è il migliore”.

“Avevo sognato una partita così, l’avevamo preparata nei dettagli e alla fine siamo riusciti a fare quello che avevamo sperato”, dice invece Papa Bouba Diop, autore del gol decisivo. Poi aggiunge: “E’ una vittoria per noi e per tutta l’Africa, questa è un’occasione di festa per tutti gli africani, non solo per i senegalesi”.

Nei giorni seguenti, i giocatori del Senegal si trasformano improvvisamente in delle star, e in occasione della seconda partita in programma contro la Danimarca vengono accolti da un gruppo di bambini coreani inneggianti il loro nome. La magica e folle selezione di Bruno Metsu pareggerà questa partita e anche la successiva, passando il girone, poi battendo la Svezia, e fermandosi solo ai quarti contro la Turchia, diventando la prima nazionale africana a riuscirci dopo il Camerun di Milla del 1990 (che aveva anch’esso vinto la partita inaugurale da outsider, contro l’Argentina).

Il cammino dei leoni durerà quindi ancora diverse settimane, sorprendendo ancora osservatori, giornalisti, tecnici, tifosi e semplici amanti di calcio di tutto il mondo. Ma questa, come si suol dire, è un’altra storia.

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