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13 Dicembre: il punto su Basket City. È l’ora della calma

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Come sempre nello sport, quando una squadra attraverso momenti di appannamento dopo un periodo di vittorie si moltiplicano i cori dei profeti di sventura e di coloro che lo avevano sempre detto. La Virtus Segafredo, reduce da due brutte sconfitte in campionato, cui ha fatto seguito quella di ieri a Klaipeda, a giudizio di molti sarebbe diventata una squadra mal concepita, forse anche mal allenata, sicuramente carente in un organico deficitario in quasi ogni ruolo. Poi, andiamo a leggere i dati. Il record attuale, coppa+campionato, recita 11 vinte e 6 perse, avendo già giocato, in Italia, con gli spauracchi Milano, Venezia e Avellino, e in Europa in trasferta a Istanbul, Patrasso e, appunto, Klaipeda. Se è vero, dunque, che almeno un paio di sconfitte, in Italia, possono restare sullo stomaco (con Cremona e Sassari al PalaDozza, aggiungendo forse anche quella di Pesaro per come è maturata), sarebbe francamente ridicolo ritenere la stagione fin qui un disastro. La società non ha mai parlato di ambizioni da titolo, quanto piuttosto di porre le basi per una crescita in prospettiva. Gli acquisti effettuati sono stati in sostanza pensati in virtù di una programmazione, quasi tutti con la formula dell’1+1 che è la più avveduta, permettendo la riconferma se soddisfatti o i saluti in caso contrario. Ora, si lamenta innanzi tutto una inadeguatezza dei centri, o, meglio di Qvale; sui social si leggono termini come “stuprato dall’avversario diretto”, poi si va a vedere e con Neptunas Qvale ha registrato un plus/minus di +8, il che significa che il suo contributo, anche oscuro, è certamente arrivato; i suoi 5 rimbalzi catturati non sono granché, ma occorre ricordare che quelli che contano sono i rimbalzi di squadra, che alla fine sono stati 31 a 30 per i lituani. Anche i rimbalzi sono un fondamentale condizionato dal collettivo, si prendono grazie ai tagliafuori e al senso della posizione, ma di tutti i giocatori in campo. A ben guardare come gira veramente la squadra con Qvale in campo, la sola preoccupazione rimane quella sul suo stato di salute, che immaginiamo peraltro monitorato dallo staff virtussino. Per il resto la Segafredo sta pagando davvero tanto l’assenza di Martin per il contributo che lui sa dare sul piano dell’intensità, dell’energia fisica e mentale, del coinvolgimento dei compagni, il che è forse all’origine dei black out come quello avuto ieri fra terzo e quarto periodo, ma tutto ciò avrebbe giustificato l’investimento oneroso su di un sostituto temporaneo? Sul ruolo del play, ci siamo già espressi la scorsa settimana: la Virtus ha fatto la scelta di investire sulla crescita di Pajola, che sta facendo progressi ma, ribadiamo, resta un diciannovenne alla prima effettiva piena esperienza a questi livelli; si dice che non guarda abbastanza il canestro, poi scopri le sue penetrazioni (centellinate: ma se insistesse troppo, non lo si criticherebbe per velleitarismo?)  come quella che ieri ha risolto un’azione complicata. Piuttosto, si osservi la sua crescita sul piano della conduzione del gioco in situazioni critiche, si apprezzino le sue doti difensive, e si ragioni sempre in prospettiva: i risultati si costruiscono col lavoro, se non si vince al superenalotto. Basterebbe vincere a Pistoia comunque per far tornare nel nido i gufi che volteggiano sulla squadra. Ieri alla fine la partita si è persa in seguito a tutta una serie di errorini individuali e di squadra, ma soprattutto perché Delininkaitis ha superato la sua pur ottima attitudine di tiratore da tre. La Virtus ha perso di tre in trasferta contro il Neptunas, all’andata battuto dopo un supplementare, trovandosi pari a 1 minuto dalla fine e subendo canestro in penetrazione con il mancato aiuto della difesa su Qvale che non poteva tenere il passo di Williams. Aspettiamo, insomma, a celebrare i riti funebri per questa squadra: alti e bassi erano preventivabili, nulla di quanto progettato è stato ancora compromesso, le possibilità che possa dare qualche soddisfazione ai propri tifosi ci sono ancora tutte. A meno che non si pretenda la luna.

In casa Fortitudo resta sempre meno da dire, se non che le cose meglio di così non potrebbero andare. Hasbrouck è già tornato, gli acciacchi di questo o quell’altro “vecchietto” vengono ogni volta assorbiti alla grande da una panchina che viaggia addirittura meglio di quanto preventivabile ad inizio stagione. La scoppola di Piacenza è stata probabilmente utile a mantenere i piedi strettamente ancorati al suolo e continuare ad avere gli stimoli per lavorare bene in palestra. La parte “operaia” della squadra sembra perfettamente calata nel proprio ruolo con soddisfazione, per cui non pare si creino focolai di tempesta interna. Bravo il coach? Fin qui assolutamente sì. Il difficile deve ancora venire, ma cosa ci si poteva augurare di più ad inizio stagione?

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