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NELSON PIQUET – IL MITO DEGLI EROI

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RedBull.com


“I miti rappresentano le attività degli Dei, e anche il Mondo infatti può definirsi un mito, poiché in esso appaiono corpi e oggetti materiali mentre vi si celano anime ed essenze intellettuali.” Questo scriveva Saturnino Secondo Salustio, un poeta e politico romano del 350 d.C. Vi starete chiedendo il perché di questa frase e soprattutto: “cosa c’entra Piquet?”

Come ogni settimana ho il compito di raccontare una storia di motori a tutti gli appassionati della “valle dei motori”, ma la storia di oggi – non me ne vogliano Chili e Mansell – ha un qualcosa di mistico. Per vivere ciò che ha vissuto il grande Nelson, forse non basterebbero 30 vite normali, ed era questo, forse, il bello della Formula 1 nella sua era d’oro: l’epoca degli eroi, ma non necessariamente gli eroi senza macchia e senza peccato.

LA MATTA. Nel mondo delle macchine i campioni sono spesso personaggi stravaganti, mattacchioni e fulminati, dalla voglia di vivere oltre il limite consentito, dentro e fuori le piste. Per certe persone, questi eroi, sono dei pazzi, per altri degli idoli. Ecco, il brasiliano era il prototipo perfetto di questo dilemma. O lo si ama o lo si odia. Nelson, però, è ancora più particolare degli altri. Il brasiliano a fine anni ’70 e inizio anni ’80 diventa l’eroe di tanti appassionati, ma soprattutto, diventa come “la matta nel burraco”. Insomma, di vitale importanza quando si gioca, ma che sa anche ridere quando non si gioca.  

Non a caso gli scherzi sono il suo pane quotidiano e le vittime preferite i suoi colleghi piloti e i giornalisti. Una volta, prima di una gara fa, finta di sentire interessato una domanda lunghissima di un giornalista. Dopo cinque minuti di interminabili parole, si toglie i tappi dalle orecchie (che nessuno aveva visto) e, facendo l’occhiolino alla telecamera, dichiara: «Non ho capito la domanda. Potete ripetere?». Magico.

GLI INIZI. Penserete: “Come tutti è stato un prodigio e bla bla bla…” Non proprio. Sin da bambino ha un dono che lo porta a dominare le categorie inferiori dei circuiti brasiliani, ma non grazie ad un volante, bensì grazie ad una racchetta. Il suo primo amore sportivo è il tennis e da tanti è considerato un genio della racchetta. Poi, però, come d’incanto, s’innamora – come del resto tutti noi – in maniera improvvisa dei go-kart. Gradualmente la passione diventa emozione e poi unica ragione di vita, tanto da portarlo velocemente a correre nei campionati nazionali.

L’ascesa è rapida ma il suo approdo in F1 non è così precoce, anzi. Il debutto in Formula 1 si concretizza, all’età di 26 anni, nel 1978, sul tracciato, al volante di una Ensign Ford. Il primo weekend è particolare: si piazza 21esimo in griglia, ma davanti al suo compagno di scuderia, Harald Ertl. In gara, la sua spregiudicatezza lo porta anche nella top-ten, ma poi un’avaria del motore lo ferma proprio sul più bello.

Nel corso della stagione la sua stoffa da predestinato stupisce subito gli addetti ai lavori: sorpassi, accelerazioni e una profonda autostima, che solo i più grandi possiedono, lo collocano, nel 1979, a bordo di una Brabham-Alfa Romeo. Al suo fianco, un incredulo Niki Lauda. il campionissimo austriaco resta stregato dal brasiliano e decide quindi di aiutare il giovane brasiliano nella sua crescita, diventando per Nelson un grande maestro sia sotto il profilo tecnico che umano.

 

I TITOLI MONDIALI. Con il totem Lauda, Nelson diventa uno spettacolo. Nel 1980, si piazza secondo nella classifica piloti, staccato di 13 lunghezza dall’australiano Alan Jones, ma nel 1981 la sua classe viene premiata dal primo titolo mondiale. La stagione parte bene con due successi, in Argentina e San Marino, poi, però, una crisi tecnica lo costringono a numerosi ritiri. Nelson viene superato così da Reutemann e Jones. Il mondiale sembra ancora una volta svanito sul più bello. Torna a vincere in Germania e poi sale sul podio in Austria riaprendo così i giochi in un finale del mondiale da cardiopalma.

Nell’ultimo gran premio a Las Vegas, Reutemann crolla emotivamente, Nelson lo supera e poi lo gestisce. Il verdetto dopo l’ultima bandiera a scacchi fa impazzire l’intero Brasile: Piquet vince con 50 punti, mentre Reutemann resta dietro a guardare a 49. La gioia del giovane brasiliano è immensa: per settimana si darà alla pazzia gioia tra alcol, gloria e donne, soprattutto le donne.

LE DONNE E IL SECONDO TITOLO. Nel frattempo però, come potete bene immaginare, il primo matrimonio di Nelson, quello con Maria Clara Vassallo, è al capolinea. Piquet diventa, dopo il titolo iridato, internazionale anche col gentil sesso, visto che ebbe compagne italiane, americane, svedesi e olandesi. Vi ricordate il discorso sulle 30 vite? Eccoci qua. Nell’ultimo caso, la vicenda amorosa con Sylvia Tamsma è particolarmente intensa: arrivano due bimbe, Kelly e Julia, e un figlio d’arte, quel Nelson Angelo Piquet, detto Nelsinho oppure Piquet Jr., che però non avrà la stessa stoffa del padre e neanche la stessa fortuna.

Il secondo titolo entra in casa Piquet nel 1983, dopo un anno complicato – a causa della morte di Gilles Villeneuve – dimostra tutta la sua classe e un grandioso temperamento grazie ad una rimonta sui tre moschettieri francesi: Alain Prost, Renè Arnoux e Patrick Tambay.

WILLIAMS E TRICAMPEAO. La seconda metà degli anni 80’ è senza dubbio l’epoca d’oro della Formula 1. Vincere in quest’epoca voleva dire tanto. Bisognava avere un mix perfetto di macchina vincente, furbizia, coraggio e una dose fortuna, per non dire altro, che non guasta mai. Nelson tra il 1986 e il 1987 ha tutte queste componenti o quasi. Si parte col dire, che cambia la scuderia per il brasiliano. Niente Brabham. Adesso Nelson è alla Williams con il leone Mansell. La pioggia di campioni offre un mondiale da sogno che si conclude, ancora una volta al fotofinish, ma ad avere la meglio non sono né Nigel Mansell né Nelson Piquet. Vince il professore Alain di due lunghezze, per il dispiacere del brasiliano che se non fosse stato tradito dal motore in Belgio avrebbe vinto già nel 1986. L’appuntamento per il terzo trionfo iridato, però, è solo rimandato di un anno; nel 1987 Piquet sbaraglia l’intera concorrenza andando sul podio undici volte, comprese le tre vittorie in Germania, Ungheria e Italia, che lo portarono sull’Olimpo degli dei.

LA VITA DI UN (QUASI) EROE. Inutile parlare delle sue prodezze in pista. Ne ha fatte veramente troppe: quella su Senna nel 1986, avrebbe bisogno di una storia a sé. La storia si conclude con il terzo titolo, però, più ricerco su questo uomo e più mi affascina un evento della sua carriera. Forse la sua unica azione violenta.

È il 1982, durante il GP di Germania, Nelson prende a pugni un pilota semisconosciuto, che all’anagrafe si presenta come Eliseo Salazar. Ma perché? Il cileno invece di sdoppiarsi, provoca una gigantesca frittata: si scontra con il brasiliano e doppio ritiro. La reazione istintiva non è da intellettuale, ma la scazzottata resta epica. Sbagliata, ma epica. Il gesto, però, ci ricorda una cosa: tutti i piloti sono eroi, forse qualcuno diventa mito e addirittura leggenda. In questo senso Nelson lo è diventato di sicuro, anche senza Salazar. 

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