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Il Personaggio Della Settimana – Jochen Rindt

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Passione sotto bombardamento

Nato in Germania a Magonza in pieno tempo di guerra, precisamente nel 1942, è rimasto orfano dei genitori a causa di un bombardamento e da qual momento ha vissuto con i nonni in Austria a Graz. Jochen Rindt è uno dei personaggi più particolari della storia della Formula 1. Per la sua stessa storia è unica, tanto che ad oggi è l’unico a vantare un titolo mondiale conquistato postumo. Fin da piccolo mostra uno spiccato interesse per le automobili. Nel 1961 decide di vendere l’azienda di famiglia per iniziare a correre in macchina. Inizia dai rally per poi continuare con il campionato turismo dove guida una Giulietta Ti. Poco tempo dopo arriva il suo debutto con le ruote scoperte nella Formula Junior, per poi passare alla Formula 2. Categoria nella quale metterà in mostra tutto il suo talento, la sua velocità e la sua aggressività. In poco più di sei anni tra pole e vittorie ne segna ben 45 e a dare ancora più valore a quanto fatto va detto che si è scontrato con piloti di alto calibro, tra cui Jim Clark e Graham Hill.

Nella sua carriera ha incontrato la Motor Valley solo in un’occasione. Per la 24h di Le Mans nel 1965, dove ha gareggiato al fianco di Masten Gregory con la Ferrari 250 ML. I due piloti del Cavallino vinsero quell’edizione della regina delle gare endurance e portarono sul gradino più alto del podio, inconsapevoli, per l’ultima volta una macchina italiana. Da quel giorno ad oggi più nessun brand tricolore è riuscito a conquistare la corona di Le Mans.

Formula 1 inglese

Il debutto in F1 arriva nel miglior modo possibile. Sul circuito di casa a Zeltweg con una Brabham della scuderia di Rob Walker. Per prendersi un posto come pilota titolare deve aspettare però la stagione successiva. Lo ingaggia la Cooper al fianco di Bruce McLaren. Con la Scuderia Inglese ottiene qualche risultato ma solo nel 1966 ne conquista qualcuno di rilievo. Il primo podio arriva a Spa in Belgio, seguito da un altro paio. Quello in Germania al Nurburgring e quello in America a Watkins Glen. Risultati che gli valgono il terzo posto a fine anno nel mondiale. Dopo una stagione infelice come quella del 1967 decide di cambiare aria ma rimanere sotto la stessa bandiera. Torna alla Brabham dove conquista altri due podi. In Sudafrica e in Germania dove arriva per due volte terzo. Nel 1969 cambia di nuovo Scuderia e approda alla Lotus. Con la squadra di Chapman conquista altri podi ma soprattutto arriva la prima vittoria della sua carriera negli Stati Uniti. L’anno seguente nel 1970 domina il campionato vincendo cinque gare di cui quattro di fila. Sembra l’anno giusto per vincere il titolo mondiale e le carte sono tutte in regola per riuscirci.

Finale glorioso

Arriva Monza e lungo il tracciato dalle altissime velocità la Lotus per far fronte alla forza della Ferrari decide di apportare delle modifiche tecniche. Furono tolti gli alettoni e questo rese la Lotus 72 molto instabile. Durante le qualifiche Jochen perse il controllo della vettura poco prima della famosa parabolica e si schiantò contro i guardrail. Rindt non in quello schianto ma poco dopo sull’ambulanza verso l’ospedale incontrò la sua fine. La morte fu probabilmente dovuta al piantone dello sterzo che fracassò lo sterno dell’austriaco. Quando i soccorsi arrivarono trovarono il pilota in gravi condizioni, con gli arti inferiori abbastanza compromessi. Furono vani i tentativi di salvarlo. Quanto ottenne in quella stagione, in termini di prestazione però gli bastò per coronarsi campione del mondo a fine stagione. Infatti Jackie Ickx non riuscì a strappargli il titolo a causa di Emerson Fittipaldi che gli negò la vittoria negli Stati Uniti. In tutta la storia della Formula 1 Rindt rimane l’unico pilota ad aver vinto un Campionato Mondiale nella stessa stagione in cui ha perso la vita.

Grin(d)ta da vendere

Jochen aveva molti soprannomi, ma quello che più gli si addiceva era Grindt. In pista era velocissimo soprattutto o sul giro secco e molto aggressivo. Caratteristiche che gli valsero quel soprannome. Dimostrava il suo enorme talento coadiuvato da una velocità innata che lo resero uno dei piloti più forti in pista in quegli anni e sicuramente un avversario difficile da battere. I tifosi invece lo preferivano chiamare Dynamite per il piede pesante quando era in pista. Poi c’era qualcuno che lo chiamava anche Tiger per via del naso schiacciato che ricordava il felino della giungla. A differenza di altri suoi colleghi altrettanto veloci lui la gloria se la è conquistata in pista e se la è tenuta stretta anche quando fisicamente non poteva più provare a difenderla. La corona non l’ha mai potuta indossare ma il suo nome di diritto è entrato nell’albo d’oro delle corse automobilistiche perché tra i campioni del mondo c’è anche la sua firma.

1970 Gran Premio di Gran Bretagna, la battaglia tra Jochen Rindt con la Lotus 72 e Jack Brabham con la BT33 – Copyright: YouTube, Formula 60

 

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