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Il nostro orgoglio è rossoblù – Rolando Bianchi – 22 nov

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Per lui, l’appuntamento col destino di un gol a lungo atteso era allo stadio Atleti Azzurri d’Italia, a Bergamo, nella sua provincia natale. Rolando Bianchi, che a 18 anni ha esordito in serie A proprio con la maglia atalantina, in questo stadio si è fatto notare anche la scorsa stagione con una doppietta, in occasione del trionfo del Torino contro gli orobici per 1 a 5. Nella stagione in corso è tornato a Bergamo, questa volta in forza a un Bologna incerto, ancora in cerca di un equilibrio positivo; e lui, a caccia del primo gol in rossoblù. Parte dalla panchina.
Dopo cinque stagioni a Torino da protagonista, e una sofferta separazione dalla maglia granata, ha dovuto ripartire da zero. In tutti i sensi. Il conteggio degli oltre settanta gol fatti con la maglia del Torino si è azzerato: la maglia è nuova, i tifosi pure, e sono lì che aspettano, impazienti. Il gol si fa attendere: il gioco del Bologna di inizio campionato è debolissimo, i palloni in area latitano, e sulle poche occasioni buone il colpo giusto non arriva. I tifosi hanno in mente solo una prodezza mancata: il colpo di tacco volante visto contro la Sampdoria, parato da Da Costa. Poi il tempo passa, e, se non segni, la gente diventa insofferente, ti dimentica, ti osteggia. Il calcio è così, cinico, e avaro di occasioni.
Eppure, qualcosa faceva presagire che non poteva finire così. Chi era arrivato a Bologna con sincero entusiasmo e dopo la quarta partita improduttiva si era sentito in dovere di scusarsi pubblicamente in conferenza stampa, ha dimostrato di sentire la responsabilità pesante da rivestire nella nuova squadra, ma soprattutto di avere in sè la forza di reagire alla situazione critica.
E torniamo così alla panchina dello stadio di Bergamo. Sta andando in onda un Bologna piuttosto fiacco, la cui scarsa vivacità equivale a quella degli avversari, finché al 74′ Brivio ci manda sotto di uno. Sconforto totale. Pioli non ci sta e arriva il momento di Bianchi. Dopo due minuti è in campo, e questa volta non lascia nemmeno il tempo di porsi le solite domande: “Gli arriverà qualche pallone? Segnerà? Si sbloccherà?”. Tutti i punti di domanda vengono spazzati via da un colpo solo, fulmineo: un gol, preciso e sicuro, di testa. La traversa aveva appena detto: “No!” a Cristaldo, ma, evidentemente, la sfortuna che si impiccia mettendo pali e traverse sulle nostre traiettorie non piace a Rolando, che invece risponde: “Sì!”. E finalmente. Quel gol lo aveva in testa da tempo, in tutti i sensi: l’esultanza che ne è seguita lo ha dimostrato. Non ci sono dubbi: si è fatto attendere, ma doveva essere così, immediato, bello e liberatorio. Una catarsi, l’identità ritrovata. “Questo sono io”: ecco ciò che ha significato questo gol; ecco che Bianchi si è rivelato al Bologna. Forse, fino a quel punto Bologna aveva avuto un’immagine di questo giocatore più distintiva fuori dal campo che non in campo, l’immagine di una persona estremamente cortese, che non rifiuta mai un saluto, una foto, un autografo ai tifosi. Ma ora, anche in partita, può avviarsi a diventare importante, un punto di riferimento per il nostro attacco: tutti ci teniamo molto. La storia tra il Bologna e Rolando è appena cominciata… e quando c’è di mezzo un Rolando, con questo nome che echeggia la gloria e l’audacia dei paladini, la storia non può non risultare avvincente!

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