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Bologna

Che barba, che noia, che noia, che barba…

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Come diceva la Mondaini, “che noia, che barba, che barba, che noia”. Lo sapevo (e tutti avremmo dovuto saperlo…) da agosto: questo è un campionato di livello mediocre e il Bologna – che non può avere ambizioni da Grande, come del resto tanti altri club – lo frequenta com’è normale che sia: qualche sussulto (in basso o in alto) e poi la grande attesa dell’estate 2019, quando ci troveremo, come le star, a bere del whisky al Roxy Bar pontificando sull’operato di presidente, direttore sportivo e allenatore. Domenica, i rossoblù sono stati battuti 2-1 dall’Atalanta che, pur non essendo a sua volta Grande, è sicuramente superiore al Bologna per motivi ben precisi che discendono da un concetto – “continuità” – che purtroppo da queste parti non ha cittadinanza. Tanto per dire, la Dea ha sempre foraggiato il proprio Settore Giovanile, da decenni prodigo di frutti pregiati; negli ultimi trent’anni ha avuto due soli presidenti, e uno dei due ha “passato la mano”, diciamo così, solo perché costretto dalla Nera Signora di vecchioniana memoria. Dal 2014, il mercato è nelle sapienti mani di Giovanni Sartori, l’uomo che ha costruito il miracolo Chievo (che all’epoca un miracolo era: senza false plusvalenze, ch’io sappia) e a Bergamo sta concedendo applaudita replica. Questa, in sintesi, l’Atalanta. E il Bologna? Sotto le Due Torri non ci siamo fatti mancare niente…

PRESIDENTI

Per non essere prolisso, parto dal ritorno in Serie A del 2008. Il presidente è Alfredo Cazzola, un manager di prim’ordine: posso dire che il pubblico, nonostante la promozione, non gli risparmia critiche? Bene, anzi no: Cazzola passa la palla al suo socio Renzo Menarini. Devo ricordarvi le contestazioni – arrivate fin sotto il Nettuno… – quando fu evidente che le scelte di mercato erano in mano a Luciano Moggi o fate da soli? I Menarini (perché le colpe dei padri ricadono sulle figlie e viceversa) se la passano male e cedono il club al baldo Sergio Porcedda, che viene accolto con favore solo perché “peggio di così non può andare”: le ultime parole famose… Porcedda prende per il sedere un po’ tutti, poi i nodi vengono al pettine e se ne scappa in Sardegna, lasciando il Bfc nelle sapienti mani di Albano Guaraldi e dei suoi soci. Anche in questo caso: ve li ricordate da soli l’accattonaggio molesto (“100 euro per il Bologna”, roba che pure lo scafato Civ versò la cifra), la rottura con i soci e la successiva retrocessione o devo pensarci io? Via Guaraldi, arrivano gli Alleati, che utilizzano come apripista un simpatico avvocato italo-americano, Joe Tacopina, che in realtà già sette anni prima aveva convocato la stampa per la sua prima conferenza da presidente (io c’ero: imbarazzante) pur non avendo comprato niente. Nel frattempo ha rilevato la Roma, viene a scaldare i cuori rossoblù offrendo sorrisi e tortellini (quelli de I Portici: ottimi) ai tifosi prima di andare a Venezia a comprare un altro club. Bell’exploit, per un signore che nel 2008 sapeva a malapena che a calcio si gioca utilizzando un pallone, ma questo è un altro discorso che vi risparmio. Se ne va Joe, arriva Joey, nel senso di Saputo: il Bologna… compra una consonante, insomma, ma soprattutto si garantisce un minimo di stabilità finanziaria. Che non basta, al popolo rossoblù: Saputo è un “plumone”, spende poco e male. Ricapitolando: mentre a Bergamo, Ruggeri subentra a Percassi per poi ricedergli la mano perché muore, a Bologna abbiamo Cazzola (malsopportato), Menarini (contestato), Porcedda (inseguito con i forconi), Guaraldi (contestato fin sotto casa), Tacopina (rimpianto, perché la gente non ha ancora capito che qui poteva essere solo di passaggio) e Saputo. Ho volutamente tralasciato il ridicolo interregno zanettiano, perché davvero non mi sembra importante, ma la differenza è comunque evidente: 1-0 per l’Atalanta. E un dubbio: mi dite qual è il vostro presidente preferito?

DIRETTORI SPORTIVI

Presidenti contestati, ma non è che i diesse se la siano passata meglio. Fabrizio Salvatori, “braccio armato” di Cazzola, venne spernacchiato pubblicamente. Carmine Longo, compianto (da me) professore salernitano, non venne neanche preso sul serio. Roberto Zanzi ebbe l’onore – se non ricordo male – di essere “celebrato” addirittura con striscioni in curva. Filippo Fusco – accolto come un mendicante – finì nel tritatutto guaraldiano. Poi fu la volta di Pantaleo Corvino, bravo a scovare talenti e a trarne benefici: ecco, lui in effetti è – assieme a Tacopina – uno dei pochi rimpianti dalla tifoseria, il suo divorzio da Saputo non è mai stato digerito. Basterebbe un Alka-Seltzer o fare luce sul tesseramento di Diawara, per eliminare i rimpianti. Infine Riccardo Bigon, il capro espiatorio in carica. È bravo a fare il suo lavoro, ha costruito un ottimo team di scouting ed è onesto: evidentemente questo non basta per essere apprezzato… Nel frattempo, a Bergamo, in un decennio si sono alternati solo due dirigenti, Pierpaolo Marino e Giovanni Sartori. Facciamo 2-0 per l’Atalanta e lanciamo il secondo dubbio: chi è il vostro diesse del cuore?

ALLENATORI

Arriviamo alla panchina, zona “sdrucciola” per definizione. Daniele Arrigoni è andato bene l’anno della promozione, poi è stato giubilato dalla piazza “perché inadatto”. Al suo posto, Sinisa Mihajlovic e poi Giuseppe Papadopulo: contenti? No, infatti arriva Alberto Malesani. Che raccoglie buoni risultati, va detto, ma la “piazza” a un certo punto insorge dandogli addirittura dell’ubriacone. Ecco allora Pierpaolo Bisoli, che probabilmente ha un rapporto più distaccato con il vino ma viene giubilato a furor di popolo in assenza di risultati, sostituito con quello Stefano Pioli che in effetti è fatto di tutt’altra pasta. Pioli va bene all’inizio, poi qualche calciatore capriccioso gli si mette contro e Guaraldi, ben coadiuvato dalla tifoseria, rompe gli indugi: invece di prendere a calci in culo i riottosi (tifosi compresi…), caccia Pioli, assume Davide Ballardini e riporta in B il Bologna. Arriva Diego Lopez, che fa miracoli in assenza della società ma tentenna quando arrivano gli Alleati: via lui, a riportare il Bologna in A sarà Delio Rossi. Che è un tecnico di grande esperienza, ma dopo dieci giornate di Serie A viene braccato dalla folla e cacciato da Saputo. La scelta cade allora su Roberto Donadoni, che in carriera ha lavorato bene a Livorno (nono il primo anno, licenziato da Spinelli il secondo quando la squadra era sesta…), decentemente in Nazionale, malino a Napoli, bene a Cagliari e benissimo a Parma. Un allenatore di sicuro affidamento, che a Bologna fa il suo dovere centrando gli obiettivi fissati dalla società. Che però alla fine dello scorso campionato è costretta a rescindere il contratto perché così vuole la folla… E allora arriva Pippo Inzaghi, che di esperienza in panchina ne ha poca ma è animato da un fuoco sacro che all’inizio convince la tifoseria. Già, all’inizio, perché bastano poche settimane per farlo finire nel mirino dei criticonzi (un po’ critici, un po’ fate voi…) che già richiedono il suo allontanamento. Sul fronte atalantino, nello stesso periodo, si sono alternati Gregucci, Conte, Mutti, Colantuono, Reja e Gasperini: 10 noi, 6 loro. Facciamo 3-0 per l’Atalanta e chiudiamola qui, anche se mi piace ricordare che Gian Piero Gasperini, a mio avviso uno dei migliori a “insegnare” calcio in Italia, nella prima stagione bergamasca ottenne tre punti nelle prime cinque giornate: a Bologna lo avrebbero bruciato in piazza, mentre a Bergamo gli confermarono la fiducia e l’Atalanta chiuse addirittura al quarto posto! Comunque, per concludere: chi diavolo è l’allenatore che vi va bene?

Questa è la Storia, ma noi dobbiamo fare i conti pure con la Cronaca. Ero stato facile profeta, dopo Bologna-Roma, a dire che il cartello “Livori in corso” sarebbe riapparso in fretta: domenica è in programma Chievo-Bologna e qualcuno parla addirittura di “ultima spiaggia”, di match decisivo e idiozie del genere. Chievo-Bologna è in realtà un match che non si sarebbe dovuto giocare, perché il Chievo – stando ai revisori dei conti – avrebbe forse dovuto fare la fine di Bari, Cesena e compagnia brutta, ma tant’è: i “mussi” sono iscritti e quindi tutti al Bentegodi. Dove – fateci caso – non c’è traccia di sabbia. Per quanto mi riguarda, l’ultima spiaggia è stata quella di Riccione, che ho salutato a fine agosto. Per voi, invece?

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