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ESCLUSIVA – Intervista a Enrico Castellacci: “Bisogna verificare la validità dei protocolli. I medici? Alcuni pronti a dimettersi”

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Zimbio


Sono giorni cruciali per la ripartenza della Serie A: tutto si deciderà nei prossimi giorni e, nell’attesa, abbiamo voluto capire meglio la situazione con una figura che, mai come in questo periodo, può aiutare a chiarire le idee: il professore Enrico Castellacci, per tanti anni medico della Nazionale italiana e – attualmente – presidente dell’associazione medici italiani del calcio. Con lui abbiamo fatto il punto sui protocolli tecnico-scientifici, per concludere con uno sguardo su un’eventuale ripresa del campionato.

Buongiorno professore. Domanda della settimana: si ripartirà?

“La volontà politica è chiara: vogliono ripartire. Restano tanti dubbi, ma ora è chiaro cosa si vuole. Da questo punto di vista sono ottimista, penso si possa ripartire. Le perplessità sono sul seguito, sulla conclusione del campionato”.

Spadafora e il Governo hanno sbagliato qualcosa in questo periodo?

“All’inizio, spinti anche dal CTS, hanno agito con cautela, c’erano molti timori; il rischio Covid c’è anche ora, figuriamoci all’inizio. Se possiamo considerarlo un errore, hanno sbagliato a lasciare aperti diversi tavoli di discussione. Avrebbero dovuto sburocratizzare il tutto, dovevano formare un unico tavolo con la presenza di membri del CTS governativo, membri della FIGC, federazione medico-sportiva e membri dell’associazione medico del calcio, dato che siamo stati un pò messi da parte: se tutte queste quattro componenti si fossero riunite subito, si sarebbero fatti protocolli più precisi. Infatti, ora, il vero problema è questo: verificare la validità di questi protocolli perché, se non sono validi, allora non servirebbero a nulla”.

Questione protocolli: quali sono stati i principali nodi da sciogliere?

“Per essere applicabili, i protocolli devono essere proposti a club e medici. In caso contrario, le società non saprebbero come muoversi e se muoversi. Nel frattempo, bisogna vedere anche se i medici possono rispettare le regole del protocollo. All’inizio tutto questo non è stato fatto: venivano fatti dei protocolli ma non sono stati presentati a chi di dovere. Questi episodi hanno fatto perdere molto tempo. Passi in avanti comunque ne sono stati fatti, il più importante era quello che auspicavamo noi: il ritiro prima degli allenamenti. Mettiamo caso che esca fuori un positivo, sarebbe toccata la quarantena a tutti, un caos. In caso di un’infezione virale, il contagiato va in auto-isolamento, mentre gli altri vanno in un ritiro blindato a carico della società. I calciatori, pur continuando l’allenamento, vengono comunque tenuti sotto controllo attraverso tamponi e test sierologici. Gli allenamenti comunque sia non verranno bloccati: questa è la grande differenza rispetto al protocollo precedente”. 

Alcune squadre sono contro la ripresa, perché?

“La prima cosa da capire è questa: tutti i club hanno le strutture logistiche per rispettare i protocolli qualora uscisse fuori un positivo? Anche in Serie A ci sono problemi. Mi ricordo Beppe Marotta che, qualche tempo fa,  denunciò come l’Inter non avesse a disposizione strutture per tutti. Sono i club, quindi, che devono far notare determinati problemi. Se certi problemi ci sono in A, figuriamoci nelle categorie minori, in cui le società non sono nelle condizioni logistiche per riprendere. Le difficoltà sono tante, da categoria a categoria”. 

I medici sociali delle società in che situazione si trovano e come agiranno?

“La situazione per loro è difficile: sono stati responsabilizzati troppo. La cosa paradossale è che queste responsabilità sono state date a una figura che, nel mondo del calcio, è da sempre l’anello debole della catena. Senza dimenticare che il medico è l’unica figura, all’interno della Federazione, a non essere istituzionalizzata, non ha un contratto depositato in Lega; ciò significa che un medico sociale può essere mandato via facilmente. Ecco un altro paradosso: la figura più importante al momento è anche la figura che rischia di più il posto. Noi abbiamo sollecitato più volte la FIGC per istituzionalizzare i medici, ma per ora nulla di fatto. I medici stanno protestando; solo l’altro ieri noi abbiamo fatto un documento, a nome dei medici della Serie C, in cui si spiega come loro potrebbero procedere ad azioni clamorose se la situazione non cambi. La stessa cosa avviene in B, meno nella A, ma i dubbi sono collettivi. Nei giorni prossimi potremmo vedere medici che si dimettono o che vengono mandati via”. 

Il 28 è la data cruciale: cosa succederà?

“Bisognerà dare una data per la ripresa; i ragazzi hanno bisogno di allenarsi e, secondo me, per una buona preparazione ci vorranno minimo tre settimane. Penso ci saranno diversi problemi muscolari, così come accaduto in Bundesliga. Ripeto: la cosa importante è verificare la validità dei protocolli, altrimenti sarà una catastrofe”.

 

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