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Gelmetti intervistata da 1000cuori: “Credo che noi siamo il futuro”

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Vicecapitano della compagine rossoblù, Martina Gelmetti è una delle bocche da fuoco di questo campionato che vede il Bologna Femminile primo nel suo girone con ben 37 lunghezze. Voluta fortemente dal club felsineo nel mercato estivo di quest’anno, l’attaccante scaligera vanta uno scudetto col Verona (con il quale ha esordito in Champions) e un biennio vincente in territorio svizzero. Con la sua maturità, è una grande trascinatrice delle sue in tutte le situazioni di gioco, ed è stato un piacere intervistarla!

 

Quando è cominciato il tuo rapporto con il calcio? Soprattutto nel tuo caso, dato che nel femminile è più difficile iniziare… c’è qualcuno che ti ha trasmesso la passione?

Allora io diciamo che ho avuto la fortuna di avere una corte sotto casa e quindi, di conseguenza, io insieme ai miei fratelli (ho un gemello e un fratello più grande di quattro anni) fin da subito, a 4-5 anni, ho potuto iniziare a darmi da fare a distruggere tutto con il pallone, che sia stato fuori casa, nel giardino, nella stanza dei miei fratelli – infatti i miei non erano molto contenti. Però, sì, diciamo che è stato il fratello maggiore a lanciarmi di più però entrambi i fratelli mi hanno dato la forza, la voglia di fare, di farmi sentire grande. Sono stati loro a spronarmi, a dirmi: “Gioca a calcio, sei capace, sei brava”. Erano i primi a farmi vincere, diciamo, e quindi a darmi il coraggio e la forza di fare.

E poi il percorso per arrivare qua qual è stato? Più che a livello cronachistico di carriera, a livello di passaggi più emotivi e costruttivi all’interno del calcio.

Allora io ho iniziato fin da subito con le bambine Vecchio Bardolino che è e rimarrà una delle più forti squadre del femminile e da lì mi sono aggregata a dei maschietti e con loro ho fatto fino alla prima adolescenza. È chiaro che spogliatoio femminile e spogliatoio maschile sono due cose molto diverse, però ho avuto la fortuna di trovarmi bene in entrambi; soprattutto con i ragazzini che non è una roba scontata, però erano i primi che mi facevano sentire parte della squadra e del gruppo e che mi esaltavano. Io penso di essere cresciuta per come sono grazie al percorso che ho fatto da cinque anni che avevo fino ad adesso e ogni singola persona mi ha potuto dare cose sia negative che sicuramente positive: io li ringrazio nonostante siano anche negative perché senza di quelle non sarei qua dove sono o magari mi sarei fermata prima.

A proposito delle esperienze negative, a causa dello stigma che c’è nella nostra società, sei stata un po’ bullizzata per questa scelta sportiva che hai fatto o hai sempre incrociato persone che dicevano: “Brava che insegui il tuo sogno nonostante tutto”?

Per quanto riguarda coetanei, non sono mai stata bullizzata o comunque discriminata, magari questa cosa la si trova verso persone un po’ più grandi che non concepiscono questa tua scelta di vita, nel senso che diranno per sempre: “Ma stai ancora giocando?” perché lo considerano un gioco. Quindi, sì, forse su adulti e gente più grande. Però io ho la fortuna di divertirmi lavorando e questo penso che sia una delle cose più importanti e finché ho la possibilità di farlo, lo faccio.

Come ti trovi qua come città, società, ambiente lavorativo, compagne, allenatori?

Beh, qua lo ripeterò: ho trovato una cosa che non ho mai vissuto fino ad adesso ed è un po’ un lusso trovarlo e poterlo anche solo sfiorare, io ho la fortuna di toccarlo da dentro ogni giorno quindi ne sono grata. È chiaro che mi trovo bene se no non sarei a parlarvi qua di tutto questo: è un sogno che avevo fin da piccola entrare in una società così grande che mi possa dare così tanto. Dalle piccole cose alle grandi. Poi per quanto riguarda la città, io non sono una che gira molto e la vivo diciamo in modo minimo e per viverla a pieno ci metto tempo, anche perché faccio fatica ad andare in mezzo al caos e in giro così, però da quel poco che ho visto sto bene e mi piace.

Parlando invece del campionato, quest’anno siete fortissime: come sta andando all’interno della squadra sia per gli arrivi del mercato estivo che con quelle che c’erano già. Riuscite ad amalgamarvi bene comunque?

Beh sì se ci sono questi risultati sicuramente c’è gruppo e unione: siamo state brave a mettere magari da parte il nostro ego e fare appunto squadra, creare qualcosa di importante. È un gioco di squadra quindi da soli non si fa niente, insieme si fanno grandissime cose.

 

Siamo in un Paese in cui il calcio femminile non è uno sport professionistico, ci si sta arrivando un po’ a piccoli(ssimi) passi per le categorie più alte: per categorie come la vostra (Serie C) c’è molto da far convivere il lavoro, lo sport che non è professionistico ma è vissuto in maniera professionistica… quindi com’è questa convivenza, che problemi può dare?

Diciamo che la maggior parte delle ragazze lavorano e studiano oltre a giocare a calcio come lavoro, diciamo che hanno il doppio lavoro o lavoro-studio. Io ho la fortuna di farlo come lavoro fino a quando riesco, è chiaro che negli ultimi anni si dà anche importanza a quello che verrà dopo: siamo sempre più consapevoli che è difficile che possiamo avere qualcosa di grande che ci permetta di vivere una volta finito di giocare a calcio. Quindi negli ultimi anni noi ragazze giocatrici stiamo curando anche il fattore che verrà dopo, post carriera, quindi ci si impegna a trovare qualcosa da fare una volta finita la carriera calcistica.

Un’altra cosa che volevo chiederti in questo ambito: altre società stanno cercando di costruire un progetto più ampio a livello di collegamento tra città, sport, …. Per rendere possibile al calcio femminile di vivere lo stato di professionismo e non questo stato di limbo. Vedo che però c’è molto blocco verso queste iniziative: ci sono belle idee ma prospettive non così entusiasmanti. Quali sono secondo te le prospettive del movimento in Italia? Sei un po’ più ottimista?

Io ho fiducia nella nuova generazione, nel senso che siamo noi che porteremo qualcosa di nuovo. Io non sono trentenne ancora e quindi insomma mi reputo della nuova generazione. Noi siamo la novità quindi dobbiamo farci sentire e tirare fuori tutta la nostra forza e tutto il nostro stupore verso cose nuove idee, nuove idee, nuovi stimoli, nuova vita; un nuovo aggiornamento, diciamo!

 

Volevo chiederti: a proposito anche di questo gap che c’è col mondo maschile nel calcio, tu come la vivi, personalmente, il fatto che si usino termini maschili per indicare giocatrici femminili (esempio: terzino, portiere, …)?

Non me la sono mai posta come domanda! Secondo me dobbiamo prima far cambiare il pensiero principale alla gente e poi di conseguenza verranno anche queste piccole cose, che per qualcuno saranno piccole, per altri fin troppo grandi. Però noi dobbiamo impegnarci sul campo e poi tutto il resto arriverà.

Adesso c’è stato il Mondiale in Qatar e come ti senti tu, giocatrice di calcio femminile, a pensare al fatto che le donne non possano giocare a calcio a causa del regime vigente?

Ritorno un po’ alla risposta che ho dato prima: bisogna avere fiducia nei giovani, nelle nuove vite perché è inammissibile che ci sia una cosa del genere; sono argomenti forse troppo grandi che io non posso affrontare perché non saprei da che parte iniziare.

Idolo sportivo?

Maschile è sempre stato Roberto Baggio, mentre, per quanto riguarda il nostro mondo, Melania Gabbiadini che è un’ex giocatrice pure lei, mentre una giocatrice che gioca tutt’ora: Tatiana Bonetti.

 

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