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F1 – Una gara da mito: La storica rimonta di Mansell al Gp di Ungheria 1989

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Credits: Ferrari.com


Ben trovati nell’agosto del 1989; da li a pochi mesi cadrà fisicamente Il muro che dal 1961 divide la Germania e l’Europa nell’anno del più famoso concerto dei Pink Floyd, su una chiatta a Venezia, di fronte a Piazza San Marco e a 200.000 persone e dell’esordio della serie animata più longeva di sempre, I Simpson, sulla televisione americana.

Sono gli anni d’oro della Formula 1, passati alla storia anche per il dualismo tra Prost e Senna di cui anche i meno curiosi oggi ne hanno rispolverato la memoria perché usato come termine di paragone per il il contemporaneo duello Verstappen-Hamilton, se a sproposito non tocca a me dirlo. In quegli anni ala lista di piloti che rimarranno nei libri di storia era bella corposa, grandi piloti come Pratese, Berger, Piquet e Nigel Mansell. E oggi vogliamo proprio riproporvi una gara che è rimasta nella storia per le gesta del britannico, parliamo cioè della sua incredibile rimonta del 13 agosto 1989 durante il gp di Ungheria sull’allora nuovissimo Hungaroring. 

La Ferrari quell’anno porta sulla propria 640 un innovativo cambio semi-automatico (il primo nella storia della Formula 1), mentre la McLaren, la squadra da battere, diventò l’unico cliente della Honda che quell’anno progettò un V10 su misura per la Scuderia britannica. All’appuntamento ungherese si arriva con il duello tra Prost e Senna nel vivo: la tensione in casa McLaren è alle stelle, il brasiliano deve rimediare ai tanti ritiri subiti fin qui altrimenti Prost potrebbe scappare irrimediabilmente.

Qualifiche. Già dalle qualifiche si può prevedere un copione diverso dal solito, il più veloce di giornata è Riccardo Pratese, alle sue spalle un non brillantissimo Ayrton Senna che non riuscì a scendere sotto l’1.20 come fatto dall’italiano. Quella pole conquistata da Pratese con la Williams sarà l’unica non centrata dalla McLaren in quel campionato. Dietro di loro un sorprendente Alex Caffi su Scuderia Italia motorizzata Dallara: una vettura non affidabilissima, come del resto molte altre di centro classifica, ma che dimostrò di poter dire la sua (fu infatti la miglior stagione di Caffi in F1 come numero di punti conquistati). Al centro del gruppo Mansell, addirittura 12° e ben staccato dal compagno Gerarhd Berger, 6°. 

La gara. L’Hungaroring è un circuito in cui chi è davanti può difendere molto bene: la carreggiata è stretta, le curve molto lente. Alla partenza, come si attendeva, Senna prova subito a prendersi la prima posizione ma Pratese trova un’ottima aderenza, parte bene e riesce a mantenere la traiettoria interna del rettilineo del via arrivando alla prima curva davanti a tutti. Chi parte meglio è Berger che riesce a guadagnare al via la due posizioni e portarsi sugli scarichi dell’unica Dallara rimasta in pista, quella di Caffi, visto che De Cesaris ha già dovuto abbandonare la corsa. Mansel dopo 3 giri intanto è già nono a poche posizioni dal leader del mondiale Prost la cui McLaren era arrivata con problemi di perdita d’olio alla vigilia della gara. La favola Caffi dura 4 giri, quando Berger riesce a prendersi la posizione in chiusura del rettilineo di arrivo, mentre Prost si fa sempre più grande negli specchietti retrovisori della Scuderia Italia. Ma il francese avrà da lottare prima di riuscire a superare Caffi, creando così un cordone che coinvolge cinque vetture tra cui il belga Bousten, Nannini e Mansel. A 9 giri dal via Caffi riuscirà a resistere ancora una volta prima di essere sfilato da Prost, mentre davanti a sorpresa Pratese continua a guidare la gara, mentre Senna, un paio di secondi più indietro, deve lottare con Berger mentre Mansell recupera un’altra posizione, su Nannini, e si porta in settima posizione. Ora con un po’ di pista libera davanti e la macchina più leggera comincia a girare veloce il britannico.
 
Sono passati quasi 20 giri, dalla Minardi di Martini escono fumo e fiamme (presto domate), Bousten ormai demoralizzato nel non riuscire a sfilare Caffi si fa prendere la posizione da un Mansel che ci mette pochi giri ad analizzare la situazione e capire che il belga avrebbe presto fatto un errore. Al 22° giro i primi 4 sono racchiusi in un paio di secondi, a 20 secondi da loro il gruppetto comandato da un Mansel in giornata che dedica appena due giri a superare Caffi: la rincorsa ai primi, che non stanno facendo certo tempi incredibili, è difficile ma non impossibile.
 
La gara procede con Pratrese inseguito dalle McLaren di Prost e Senna, Berger è scivolato più indietro dopo il cambio gomme, venendo superato anche da un Mansell che giro dopo giro riesce a recuperare secondi preziosi. Quelli che prima erano dei semplici indistinti puntini, ora a metà gara hanno delle forme ben definite: il britannico è a 5 secondi dalla testa. Raggiunto Prost, come fatto con gli altri avversari di giornata, Mansell non ci mette molto a stare con il fiato sul collo dell’avversario di turno, facendosi vedere ripetutamente negli specchietti di Prost, superandolo infine in maniera magistrale, uscendo molto più veloce di curva del francese, e andandogli a prendendogli la posizione sul dritto.
 
In tutto questo clamore britannico, la pista poco incline ai sorpassi, se non di chi ha poco da perdere come Mansell, e la condotta per 2/3 della gara di Pratese di certo non straripante, hanno permesso al gruppo di testa ti ricompattassi: i primi 6 piloti si trovano racchiusi in pochi secondi. Senna prende quindi coraggio e attacca finalmente con successo un Pratese che da li a poco deve sfortunatamente abbandonare la gara per un problema al radiatore, a fargli compagnia Berger: il duello in testa è tutto tra Senna e Mansel, mentre più dietro Prost decide di difendersi piuttosto che attaccare in una giornata in cui la sua McLaren ha più di qualche problema.
 
 
E proprio a pochi secondi dall’abbandono di Berger che ci pensa Mansell a riportare il sorriso in casa Ferrari con un sorpasso d’esperienza e nervi saldi su un Senna impegnato in uscita di curva nel superare un doppiato: per un istante le tre vetture si aprono a ventaglio, ma il pilota ad aver conservato la velocità maggiore è proprio il baffuto britannico: una testa della gara durata una manciata di giri per Senna.
 
Mansell passerà sotto la bandiera a scacchi con addirittura 25 secondi di vantaggio su Senna; una gara in cui il britannico, con qualche pensiero in meno di chi lo precedeva, ha saputo sfruttare ogni occasione utile ed è riuscito ad esternare quell’abilità nel sorpasso che anche i migliori gli invidiavano.

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