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Canta che ti passa: Ti sento vivere

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Il Messaggero


 

Vi ricordate il discorso sulla routine? Quella storia in cui si parlava del fatto che viene spezzata, momentaneamente, l’abitudine di andare allo stadio per far posto a quella (noiosa) della pausa delle nazionali (o dello shopping domenicale…).
Perché la definiamo noiosa? Semplicemente perché l’azzurro non attira più: fino a qualche anno fa, in questo periodo, ci si poteva consolare vedendo nella stessa squadra Totti, Del Piero e Buffon, giusto per citarne alcuni. “Insomma, non c’è la Serie A, ma qualcosa con cui divertirmi lo trovo lo stesso”, pensa il tifoso. Ma non è questo il punto.
Cioè, sì, il punto riguarda sempre la routine e – in parte – la Nazionale. La partita, delicatissima, contro la Polonia ha confermato che sette mesi fa è ‘nata’ una nuova abitudine, e tutti speriamo continui ancora a lungo: ricordare Davide.

Non so che cosa fare,
il sonno se n’è andato e non tornerà.
Un vetro da cui guardare
Il silenzio fermo della città.

Per dover di cronaca, diciamo che quel nome si riconduce inevitabilmente ad Astori, il Davide ‘per antonomasia’. Il (e nel) sonno, quel maledetto 4 marzo, se n’è andato e non tornerà.
L’Italia è un paese emotivo, si dice sempre che viene fuori nelle difficoltà. Rimanendo nel panorama calcistico nazionale, quasi 8 milioni e mezzo di spettatori hanno sofferto, domenica sera, con la squadra di Mancini: insomma, era una partita da dentro o fuori. E dopo un match ‘maledetto’, la liberazione grazie a Biraghi. Il terzino della Fiorentina corre per esultare, poi il suo sguardo cambia espressione, come se si fosse dimenticato di fare qualcosa. Alza un dito della mano destra e tre di quella sinistra, volgendo lo sguardo verso l’alto. Davide torna in mente a tutti noi.
Una magnifica routine che continua, quella del suo ricordo, fin dalla gara della Fiorentina contro il Benevento: verso le 13, il numero 31 insacca il vantaggio viola, saluta il suo comandante in modo militaresco, segna alla presenza in Serie A numero 13 e – voci di corridoio – dicono che abbia iniziato a piovigginare dopo il gol di Vitor Hugo. Il silenzio fermo della città si trasforma in un boato, come se il numero 13 della Fiorentina avesse voluto dare un addio personale. Destino?

Vorrei dirti, vorrei
ti sento vivere.
In tutto quello che faccio e non faccio ci sei:
mi sembra che tu sia qui, sempre.

Partiamo dal presupposto in cui lo sentiamo nominare: il nome dà molta più confidenza del cognome, e tutti coloro che l’hanno conosciuto si riferiscono a lui in questo modo, almeno in TV.
E siccome i mezzi di comunicazione hanno il potere di avvicinare i personaggi famosi al pubblico, ecco che Davide si trasforma nel nostro vicino di casa, facendoci gonfiare gli occhi ogni volta che i suoi ex compagni gli dedicano un gesto, nel cui club sono entrati anche Tomovic e Pezzella.
Ma come, è morto Astori? Impossibile!”, sarà stato il pensiero di molti, verso il mezzogiorno del 4 marzo. Pensiamo che loro siano come esseri infrangibili, che siccome sono sotto i nostri occhi tutti i giorni possano essere immuni dai mali. Un po’ come pensiamo lo siano i nostri parenti, i nostri amici o le persone care: “Ma dai, è incredibile sia successo a X!”. Ed è questo fatto che ci ha fatto avvicinare a quell’Astori, poi chiamato affettuosamente ‘Davide’: la vicinanza.

Francesca, compagna dell’ex capitano viola: “Piango di emozione per quello che ho condiviso con Vittoria e Davide”.
Vitor Hugo: “La Fiorentina è diversa da tutte le altre squadre. Perché noi giochiamo per qualcuno, non per qualcosa”.
Cristiano Biraghi: “Lo porto sempre dentro, com’è per i miei compagni della Fiorentina, perché se sono arrivato qui lo devo ai suoi insegnamenti”.

Vorrei dirti, vorrei
ti sento vivere.
Dovunque guardo ci sei tu,
ogni discorso sempre tu,
ogni momento io ti sento sempre più.


(Ti sento vivere – 883)

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